Prosa
IL CASO BRAIBANTI

Uno stigma che non muore mai

Uno stigma che non muore mai

Dopo il debutto nell'ambito della XVIII edizione della rassegna di teatro omosessuale Garofano verde del giugno del 2011, torna in scena al Belli Il caso Braibanti di Massimiliano Palmese.Uno spettacolo di denuncia civile su una delle pagine buie della storia giudiziaria italiana che vide Aldo Braibanti, ex partigiano, ex militante del PCI e mirmecologo (studioso della vita  delle formiche), processato per plagio (sottoporre una persona  al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione) un reato del codice rocco d'epoca fascista,  perchè conviveva in una pensione di Roma  col ventitreenne Giovanni Sanfratello e ci andava a letto.
La denuncia, sporta dal padre di Giovanni, conduce Aldo in carcere mentre Giovanni, sequestrato dalla famiglia, è condotto in un manicomio, dove è  sottoposto a elettroshock e a dei coma insulinici.

Lo spettacolo ci racconta le vicissitudini del processo tramite la testimonianza diretta di Aldo e Giovanni, che, da soli in scena, interpretati rispettivamente da Fabio Bussotti e Mauro Conte, raccontano, commentano, restituiscono pensieri ed emozioni della loro storia d'amore e della famiglia del giovane che li divise.
Palmese si è avvalso delle lettere e degli scritti di Braibanti, facendone la voce narrante principale,  e si diverte a descrivere avvocati e testimoni del processo, cogliendone un dettaglio linguistico nel dialetto o nel modo di parlare, facendoli interpretare sempre ai due attori, mentre il musicista Stefano Russo commenta dal vivo i passaggi salienti della piéce suonando il sax.

La scansione narrativa del testo agisce dunque su diversi livelli toccando diversi registri, sui quali prevale un'atmosfera intimista, di riflessione, e anche di dichiarazione d'amore. E quello che colpisce della pièce, più dell'arbitrio di  processare un uomo perchè ama un ragazzo, più dell'arbitrio di una legge poi dichiarata incostituzionale, più dei nove anni di carcere della sentenza di primo grado, più dell'orrore degli elettroshock per curare Giovanni,  è proprio l'interruzione della loro storia d'amore, la triste disperazione di due persone innamorate che non si sono potute frequentare più.
E quel casto gesto di Aldo, che si avvicina finalmente a Giovanni nel finale dello spettacolo, poggiandogli sconsolato la testa su una spalla, è uno squisito omaggio all'amore, al sentimento, alle affinità che avevano avvicinato Giovanni e Aldo. Bravissimi entrambi gli attori che sanno gestire i diversi livelli narrativi e interpretativi con precisione notevole. Mauro Conte riesce a restituire i personaggi che interpreta oltre  a Giovanni con una misura elegante e studiata che non scade mai nel facile bozzettismo (per via delle notazioni dialettali). D'altronde, ci è capitato di scriverlo diverse volte di recente, Conte è davvero molto bravo in ogni ruolo che interpreta e in questo spettacolo non fa eccezione.

Alla fine usciti dal teatro quello che sconforta di più è pensare che a distanza di oltre 40 anni il pregiudizio per l'amore tra persone dello stesso sesso in questo paese è ancora parimenti radicato a causa dello stesso stigma che induce anche al suicidio.

Questo spettacolo ci suggerisce che l'omosessualità non è fatta solo di sesso ma anche di amore, di affetto, di sentimenti ,in barba a quelli che vorrebbero farne una questione da relegare nella camera da letto.
Perchè finché due uomini e due donne non saranno liberi di esternare l'affetto reciproco come fanno le coppie di uomini e donne, in questo paese nessuno può dirsi veramente libero.
I 9 anni di galera a Braibanti sono un memento che pesa come un macigno.

Visto il 24-04-2012
al Belli di Roma (RM)