Lirica
A HAND OF BRIDGE / IL CASTELLO DEL PRINCIPE BARBABLù

Nel Castello del principe Barbablù: quattro mogli, quattro stagioni, quattro momenti della vita

Nel Castello del principe Barbablù: quattro mogli, quattro stagioni, quattro momenti della vita
© Michela Crosera

Uno spettacolo immaginifico, quasi inebriante. E' una delle vette del repertorio lirico, Il castello del principe Barbablù di Béla Bartók presentato in questi giorni alla Fenice di Venezia.

E' una delle vette del repertorio lirico, Il castello del principe Barbablù di Béla Bartók presentato in questi giorni alla Fenice. Con quel Prologo recitato del Bardo, poi sostituito dalla breve introduzione orchestrale ispirata al folklore magiaro.

E con il nuovo allestimento firmato da Fabio Ceresa, che ci è parso una delle sue invenzioni migliori. Quanto a Diego Matheuz, che sperava di eseguirla mentre era direttore musicale del teatro veneziano, ce l'ha fatta solo adesso.

Direzione più che degna di nota

Della prodiga musicalità, della estroversa teatralità, della piena consapevolezza con cui Matheuz si confronta con una delle più ricche partiture orchestrali del '900, non si discute. Vedi anche le dinamiche quanto mai precise: dall'osservanza di pianissimo quasi sussurrati, sino all'apoteosi sonora della Quinta Porta, in cui gli accordi paralleli dell'orchestra in fortissimo sono esaltati dall'organo a piena voce e dagli ottoni collocati simmetricamente in alto sui palchi di proscenio. Certamente, un giusto merito va riconosciuto all'orchestra di casa, che risponde senza sbandamenti ad ogni sollecitazione del direttore venezuelano.

Assai meno impegnativa per brevità e per l'organico da camera - ma non per questo da prendere sottogamba - la piccola piéce teatrale di Samuel Barber e Giancarlo Menotti A hand of bridge, ideata per il Festival dei Due Mondi 1959, che qui ha il compito di aprire la serata veneziana. Nove minuti di musica, non di più, dal profumo vagamente jazz, scritti per quattro voci – due coppie di svogliati giocatori di carte, infelicemente maritate. Piccola partitura magari simpatica, ma di sicuro non memorabile: nel concertarla, Matheuz ci pare abbia fatto del suo meglio per nobilitarla ai nostri orecchi.

Quanta inventiva in questi spettacoli

Considerazioni analoghe per l'ironica regia di Fabio Ceresa: nel borghese salotto messo in scena da Massimo Cecchetto, muove i personaggi ed alcuni mimi con sapide invenzioni e garbata ironia, e ci salva dalla noia. E' evidente, tuttavia, che impegno ben maggiore viene profuso per Il castello del principe Barbablù elaborando uno spettacolo immaginifico, quasi inebriante.

Là dove la scenografia mostra un'immensa testa barbuta rappresentare il sinistro edificio, che aprendosi a metà rivela di volta in volta quanto celano le sette porte. Situazioni collegate e descritte con fascinosa inventiva, sostenute da un'impronta registica vivace che ci rappresenta un Barbablù cupo e melanconico, rassegnato ad esaudire la curiosità nevrotica e compulsiva di Judit. La singolare presenza di alcuni misteriosi mimi/danzatori (tutti della Fattoria Vittadini, su coreografie di Mattia Agatiello) conferisce un incantato fascino alla favola, i mirabolanti costumi inventati da Giuseppe Palella le aggiungono intriganti motivi di stupore.

Opera che richiede interpreti speciali

Uno dei motivi per cui il capolavoro di Bartók si vede poco da noi, è la difficoltà di reperire interpreti consoni. Vuoi per la difficoltà di articolare impervie linee vocali, oscillanti fra declamazione e brevi arcate melodiche, tutte plasmate sugli ostici accenti tonici della lingua ungherese; vuoi perché intriso di un primigenio, aspro espressionismo che reclama un arduo sforzo recitativo.

Qui è andata diremmo assai bene: all'attore Karl-Heinz Macek tocca solo l'onere di scandire il Prologo (in italiano), mentre il basso Gidon Saks è un ragguardevole Barbablù, in cui linea di canto e scansione psicologica vanno di pari passo. Quanto al soprano lituano Aušrine Stundyte, si rivela una Judit scattante ed vigorosa. Entrambi parimenti presenti in A hand of bridge, a rendere con signorile nonchalance i personaggi di David e di Geraldine. Con loro, Manuela Custer, che impersona Sally, e Christopher Lemmings che dà corpo al marito Bill.

Visto il 23-01-2020
al La Fenice di Venezia (VE)