“The birthday party”, pur essendo una delle prime opere che l’autore inglese scrisse per il teatro, racchiude in sé tutti gli elementi caratteristici della poetica pinteriana: una profonda ed introspettiva analisi della psiche umana caratterizzata da una forte vivacità espressiva e da uno stile vigoroso.
L’intreccio, dal ritmo serrato e dai toni oscuri e impenetrabili, fonde teatro dell’assurdo ed espressionismo, rimandandoci in via diretta ad autori come Beckett e Kafka.
Un allucinato dramma intimista, giocato sulla corda pazza dell’inverosimile.
Stanley Webber (G. Battiston), pianista fallito, è unico ospite di una pensione gestita dagli anziani coniugi Meg (A. Reggio) e Petey Boles (B. Chierici). Non lavora da tempo e non esce mai di casa, neanche quando ad invitarlo è la giovane e sensuale Lulù (V. Cenni). Copre di disprezzo Meg che lo accudisce oltremodo e lo soffoca con il suo amore materno, ma da lei dipende in tutto e per tutto. Stanley, rassegnato e compiacente, è riluttante a lasciare il caldo e confortevole luogo che Meg ha costruito per lui e nel quale egli ha trovato rifugio. A dare una svolta alla sua vita sono Goldberg (F. Paravidino) e McCann (P. Zuccari), angeli vendicatori inviati da una misteriosa organizzazione.
Seguirà un’agghiacciante e crudele festa di compleanno che culminerà nel pazzo gioco della moscacieca.
Tema centrale è quello dell’individuo isolato, violentemente respinto da un mondo estraneo. Solitudine violenza, inquietudine, sofferenza divengono dunque follia, dando vita a ignoti personaggi e a singolari dinamiche.
La scena, di Laura Benzi, concreta fino all’estremo è, proprio per la sua struttura tangibile, in forte contraddizione con il clima assurdo ed irreale della narrazione, ma proprio per questo dona alla pièce un’atmosfera trascendentale non priva di elementi metafisici.
Ottima l’interpretazione degli attori tutti che ben coniugano azione e gioco psicologico dei personaggi di Pinter.
Un plauso particolare va a Giuseppe Battiston il quale esprime, con eccezionale maestria e padronanza scenica, i sentimenti, gli stati d’animo e le paure di Stanley Webber, donando al personaggio raffinate ed accorte tonalità dalle molteplici sfumature.
Buona la regia di Fausto Paravidino: precisa e di spessore.
Napoli - Teatro Mercadante - 19 febbraio 2008.
Visto il
al
Lauro Rossi
di Macerata
(MC)