IL CORPO DI TOTO'

Totò: un corpo, due anime... e gli anni '30

Totò: un corpo, due anime... e gli anni '30

Quando si parla di Totò si intende solo una persona e tutti sappiamo chi è senza bisogno di ulteriori spiegazioni... ma questo spettacolo parlava più dell'anima del grande comico napoletano che non dell'immagine.

Lo spettacolo, in apertura della stagione teatrale "Strade", del Teatro Nobelperlapace di San Demetrio ne' Vestini (AQ), si è snodato nella divisione tra l'attore Totò e l'uomo Antonio De Curtis, due personalità antitetiche che in comune hanno solo il corpo, appunto. Non per niente la pièce è iniziata con la descrizione del volto di Totò proiettato sul fondo.

In scena, Marco Manchisi, attore napoletano formatosi con Leo De Berardinis, era accompagnato da Guido Sodo, che ha suonato sia la chitarra che il bandolim (un mandolino brasiliano).

Manchisi è stato anche l'autore dello spettacolo, uno spettacolo ardito, diciamocelo. Infatti non è facile portare in scena un personaggio unico al mondo, difficile e noto come Totò. E non era neanche la prima volta che lo faceva. Ma bisogna riconoscere la sua discrezione. Infatti non ha imitato Totò; ma si è limitato a ripercorrere la sua vita: dagli inizi come attore (coi pantaloni a mezz'asta del padre, il frac del nonno e la bombetta), all'amore per le donne, fino al ricordo che di lui ci ha lasciato Federico Fellini. Passando anche per il Totò-Pinocchio, le cui immagini erano proiettate sul fondo.

C'è da dire che Marco Manchisi, dal fisico snodato e agile come Totò (ma di cui non ha proposto le movenze più note), ha inglobato un essere intoccabile nell'universo delle "maschere" napoletane. Infatti tra la recita della famosa canzone Malafemmena (dissacrata comicamente anche quella), della poesia 'A livella (con un meraviglioso sdoppiamento di Manchisi nel pezzente napoletano ed il ricco italiano) e le battute di rito, l'attore-regista ha inserito anche un proprio sketch sulla creazione della donna dalla costola di Adamo, qualche scheggia di Petrolini ed un monologo di Karl Valentin, Lettera d'amore, accompagnato da un'enorme piuma con cui mimava in maniera esilarante la scrittura della lettera! A tutto ciò va aggiunta una cover parodica di Yellow submarine dei Beatles, trasformata in Jella a San Marino ... ma daltronde la lingua e l'ironia napoletana permette anche questo.

Infine voglio aggiungere che il tutto, in sostanza, aveva un sapore da commedia dell'arte, quella finta esagerazione che a Napoli, teatralmente parlando, ancora vive (grazie a personaggi come Pulcinella o Scaramuche).

Lo spettacolo è stato molto simpatico: univa agli sketch tipici degli anni '30 (dai quali Totò discende), anche la tipica melanconia napoletana, quell'eterno soffrire per la mancanza di qualcosa e il non sapere come fare per risolverlo. Daltronde "Non si può essere attore comico se non si è fatto la guerra con la vita" e "La miseria è il copione della vera comicità".

Consiglio lo spettacolo agli amanti dei canovacci da commedia dell'arte, alle famiglie con bambini e a chi ama gli anni '30.

Visto il 16-01-2011
al Nobelperlapace di San Demetrio Ne' Vestini (AQ)