La storia di quest’uomo maturo e inquieto (Umberto Orsini), s’intreccia con i desideri e la vitalità di Hilde (Lucia Lavia), una ragazza reale o immaginaria che incita il costruttore a realizzare il regno di principessa.
Potrebbe essere l’hinterland di Milano plumbea, una fuligginosa periferia urbana o uno scatto in bianco e nero di strutture cementizie degli Sessanta, la scenografia che dà voce allo spettacolo Il costruttore Solness di Alessandro Serra, esperto nella creazione di atmosfere ambigue ed essenziali, come in Macbettu, premio Ubu 2017.
L’architetto che ha paura dell’alto
La scelta questa volta è necessaria: il protagonista del dramma di Ibsen (1892) è un costruttore, un architetto, un edificatore di castelli in aria che teme la vertigine. La storia di quest’uomo maturo e inquieto (Umberto Orsini), s’intreccia con i desideri e la vitalità di Hilde (Lucia Lavia), una ragazza reale o immaginaria che incita il costruttore a realizzare il regno di principessa, a superare la paura dell’altezza.
Riscrittura essenziale e raffinata, interpretazione solenne e rigorosa
Rispetto al testo originale o alle altre messe in scena, la riscrittura di Serra e Orsini accentua il dramma di Solness, tormentato dai demoni di paure e sensi di colpa, attraverso una direzione attoriale essenziale con entrate in scena lente, lunghi silenzi e movimenti puliti, fondamentali soprattutto negli spostamenti di oggetti e strutture scenografiche, pesi dell’anima sommersi dalla penombra.
Le costruzioni mobili, imponenti e grigie, si chiudono in spazi angusti e si riaprono in nuove composizioni, una metamorfosi dell’ambiente scenico che produce l’impressione di un labirinto, come se lo spazio esterno respirasse col protagonista. Rigorosa e solenne è l’interpretazione di Orsini, abile nell’alternare il naturalismo di costruttore, marito e amante all’ambiguità del conflitto psicologico tra sensi di colpa e proiezioni.
L’immagine prevale sul dramma
Raffinati gli effetti di luce, come lo spettro della donna che appare tra i ricordi o il gioco dello specchio che illumina in modo spettrale Solness. Predomina una penombra cupa, un’atmosfera tetra che si riverbera anche nella scelta degli abiti, cappotti scuri, indumenti grigi e blu.
Nonostante l’oscura fuliggine, dalle crepe del passato, dalle ceneri dell’incendio che distrusse la casa di famiglia della moglie di Solness e ne uccise i due figli, emerge il sogno di una Principessa che vuole un castello in aria, una giovane coppia che ambisce al matrimonio e la determinazione di Solness a superare le sue vertigini.