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DIARIO PERPLESSO DI UN INCERTO

Il delirio di un'utopia in salsa partenopea

Il delirio di un'utopia in salsa partenopea

C’era chi diceva tempo fa che con la cultura non si mangia. Forse è vero, non ci riempie la pancia, ma qualcuno che prova a farci i soldi esiste ancora. Eppure, mai come in queste ore drammatiche per via degli odiosi attentati di Parigi, è vero il contrario: la cultura sarà una delle poche armi davvero utile per fronteggiare barbarie e terrorismo, elevarci non solo moralmente e lasciare un mondo migliore di quello che abbiamo trovato. Tuttavia, ritornando alla metafora iniziale, ci si potrebbe chiedere in che modo sfruttare questa risorsa per sopravvivere.
Per farla breve. Qualche chance di guadagnare con la cultura e la bellezza ce l’hai, se sei un Negromonte, l’ambiziosa “dinastia” di imprenditori partenopei, senza scrupoli e ideali, bramosi di denaro, ancorati al potere politico e con manie di grandezza spaventosamente preoccupanti. Il progetto perseguito è quello di trasformare Napoli in Eternapoli, un gigantesco parco tematico, giocattolo nelle mani di pochi burattinai, che possono disporre delle vite dei suoi abitanti come nel migliore dei Grandi Fratelli, chiamati a recitare la parte di se’ stessi in una delle grandi attrazioni previste: la città angioina, quella spagnola o, peggio ancora, quella della Camorra. Una visione distopica della vita e dei sentimenti, che potrebbe far sorridere per la delirante megalomania, ma che può sfociare in violenza, arroganza e prepotenza, che di ilare hanno ben poco.

Come esprimere la moltitudine di voci, interne ed esterne alla famiglia, a cominciare da Roberto e Carlo Cardano, rispettivamente il segretario e il dandy legato ai Negromonte? Un allestimento sontuoso e articolato prevedrebbe tanti attori quanti sono i protagonisti, ma Enrico Ianniello si fa carico di un compito non facile, quello di dare vita ad una decina di personaggi - anche se sembrano molti di più - utilizzando tre soli strumenti: la sua voce, una sedia e uno schermo alle sue spalle. Un lavoro faticoso per l’attore e talvolta anche per il pubblico che, per seguire il filo della storia, non può distrarsi troppo; il rischio però è davvero minimo, perché molte frasi sono talmente lapidarie nella loro verità da tenere alta l’attenzione: “il mondo è in preda alla frenesia del fottere”, “la libertà è fatica e oggi funziona la leggerezza”, “la gente schifa la democrazia” tanto per citarne alcune. Nonostante tutto, Ianniello riesce in 75 minuti a cambiare registro e ambientazione, passando dallo schema comico e ridanciano di una mamma napoletana che rimprovera il figlio schizzinoso di avere pretese eccessive, a quello più cupo fatto di un profondo senso di decadenza, ineluttabilità e dolente rassegnazione, fino al cinico autocompiacimento dell’artista che sa prima di tutti gli altri come si evolveranno situazioni e circostanze. “Saremo giudicati sull’amore”: così una delle tante voci, all’indomani del suicidio di Andrea, il giovane Negromonte unico consapevole del marcio presente nella sua famiglia scellerata. Una profezia che si verifica anche alla fine della rappresentazione, a giudicare dagli applausi di approvazione che l’interpretazione di Ianniello strappa al pubblico in sala. Saremo giudicati sull’amore, e così sia. 
 

Visto il 13-11-2015