Prosa
IL DUBBIO

Macerata, teatro Lauro Rossi,…

Macerata, teatro Lauro Rossi,…
Macerata, teatro Lauro Rossi, “Il dubbio” di John Patrick Shanley I DUBBI E LE CERTEZZE A Saint Nicolas, una scuola privata gestita da religiosi, si scontrano padre Brendan Flynn e suor Aloysia, un prete brillante, comunicativo e progressista e la direttrice, rigida e conservatrice. Nella sostanza si scontrano due modi di essere credenti e religiosi, accogliente e misericordioso il prete (comprensivo, affettuoso, vicino al prossimo), intollerante e intransigente la suora (le regole al posto del calore umano). Padre Flynn è un ottimo oratore, figura carismatica che fa presa sui ragazzini; si avvicina a un adolescente, il primo afroamericano ammesso nella scuola, poiché ha ravvisato i sintomi di un disagio interiore e familiare. Il suo comportamento viene scambiato dalla suora come abuso sessuale: Aloysia muove un attacco frontale contro il prete, che protesta la sua innocenza. Non ci sono le prove e Aloysia non vuole aspettare le prove. Il colloquio con la madre del ragazzino non convince la suora, anzi: la mamma riferisce che padre Flynn è vicino al figlio perchè il padre lo riempie di botte a causa delle sue inclinazioni sessuali. Ma il seminare il sospetto è sufficiente e il passato di nessuno è immacolato (“io non posso dire tutto”): padre Flynn lascia la scuola, sebbene per un incarico più prestigioso. Ciò, invece che tranquillizzare la suora, la lascia “piena di dubbi”. Il finale è l'unico punto debole di un testo asciutto e serrato, messo in scena con la regia veloce e stringata di Sergio Castellitto, che scandisce tempi stretti e avvincenti. Complici i veloci cambi di scena, affidati a comparse in abiti di preti e suore che agiscono nella penombra. Nella penombra iniziale lo strip di Accorsi rende corporeità e fisicità sotto l'abito talare, l'uomo e il prete. Alle luci basse è affidata la scena più poetica: padre Flynn sta tenendo una lezione di basket, invece dei ragazzi solo delle sedie in scena a circondarlo; finita la lezione, si inginocchia davanti a una sedia (si suppone sia il ragazzino nero) e con infinita delicatezza appoggia il pallone sopra; poi la trascina lentissimamente dietro le quinte con sguardo trasognato. Importanti per il successo dello spettacolo le musiche, Bob Dylan ed altri, riprodotte ad alto volume nei cambi scena: inquadrano perfettamente l'epoca (gli anni Sessanta), la situazione (gli Stati Uniti) ed il tumulto interiore del protagonista. Stefano Accorsi convince nella parte di padre Flynn, elegante ed impeccabile. Durante i due sermoni si appoggia a una grande croce come fosse una chitarra rock oppure un'arma impropria (i due volti della fede). Misurato nella voce, non scade nel mélo e non eccede nella foga, interiorizzando il personaggio, giocato anche su dettagli, la cura delle unghie, tre zollette di zucchero nel tè (invece le suore lo bevono rigorosamente senza zucchero). Una certa sensualità nel muoversi e la tristezza, uniti all'indubbio fascino, consentono ad Accorsi di costruire un personaggio da subito avvolto nell'ambiguità, che attira inevitabilmente dubbi e pettegolezzi. Il suo modo di intendere la chiesa (e la scuola) è ruffianamente dalla parte degli spettatori, proponendo un volto familiare della chiesa, che deve rispecchiarsi nella comunità e nelle famiglie, nel solco del concilio vaticano; invece suor Aloysia imposta la scuola come una prigione, dove prevalgono il terrore e la disciplina fine a sé stessa. Splendida Lucilla Morlacchi nelle vesti ingessate di suor Aloysia, impacciata dall'abito e dal velo. Con un'ampia gamma di sfumature viene descritta l'ostinazione della donna che pervicacemente perseguita il prete, impaurita dal nuovo, ma al tempo stesso attratta in modo irresistibile, come dalla radiolina a transistor. Il gesto della Morlacchi è imperioso, l'incedere deciso, la voce si ammanta di velature che denotano la compressione interiore dell'anima che si traduce nell'atteggiamento di sopraffazione nei confronti di alunni, docenti e genitori. Forse alla base ci sono l'insicurezza (“le cose che facciamo quando non ci sentiamo sicuri” è una delle prime battute del testo, bene adattato da Margaret Mazzantini e tradotto da Flavia Tolnay con pochi modi congiuntivi e molti indicativi) e la solitudine (“il dubbio è un vincolo come la certezza, quando sei solo”): per questo si obbliga alla forma (“c'è una catena di disciplina da rispettare”) e impone agli altri severi principi morali per farli anzitutto propri, forzosamente. Perfette anche le due comprimarie. Alice Bachi è una suor James ingenua, timida ed insicura. Nadia Kibout è la mamma del ragazzino, disperata per una condizione familiare che riesce solo a subire, mentre cerca una via d'uscita per il figlio. Interessante il suo faccia a faccia con la direttrice: “io conosco quello che non voglio accettare”, dice la suora; “accettiamo quello che dobbiamo accettare e facciamoci i conti” risponde la mamma. Teatro gremito, pubblico attento, preso dallo spettacolo; alla fine moltissimi applausi. Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 10 marzo 2009 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Delle Muse di Ancona (AN)