Prosa
IL FIGLIO DI GERTRUDE

Una volta si chiamavano monol…

Una volta si chiamavano monol…
Una volta si chiamavano monologhi, ora sono noti con il termine esotico di “One Man Show”, poichè il teatro contemporaneo si serve spesso di contaminazioni tra generi e moduli espressivi diversi, che aggiungono alla semplice parola recitata tutta una serie di estrinsecazioni affabulatorie di varia natura, spesso calzanti e completive allo spettacolo, ancora più spesso semplici riempitivi piuttosto maldestri. Con Il figlio di Gertrude siamo sicuramente nel secondo dei due casi. Il giovane e volenteroso Lorenzo Gleijeses, figlio del noto Geppy, ce la mette tutta per rendere credibile uno spettacolo che però soffre di intellettualismi ridondanti e superflui, oltre che di citazioni musicali scontate e banali. Gleijeses inoltre è giovane ed ancora acerbo per poter affrontare il pubblico con un progetto così ambizioso, e dà il meglio i sé nei momenti più ilari, quelli voluti, in cui sfodera una simpatia disarmante, aiutato dal fisico dinoccolato che, di contro, nei momenti più impegnati lo fa risultare incerto e poco a suo agio. Ed è proprio grazie alla tenera affabilità del giovane attore che lo spettacolo può essere visto come una simpatica esercitazione e non una supponente messinscena. Galleria Toledo - Napoli, 14 novembre 2005
Visto il
al India di Roma (RM)