8 maggio 1994. Un padre militante dell'ex PCI, viene a mancare. I suoi due figli gemelli, dizigoti, cercano di elaborare il lutto come possono. Lui è il classico intellettualino borghese di sinistra, che cerca di pubblicare un libro su Durkheimer (ottenendo un'intervista da Levi Strass grazie al suo status di figlio di). Lei, approdata alla fazione politica opposta, col Presidente sceso in campo, vuole organizzare per il padre dei Funerali di Stato a uso e consumo del suo partito (optando per un tricolore mentre il fratello vorrebbe la vecchia bandiera di un partito che non esiste più). A barcamenarsi con loro per l'improvvisa morte, la cameriera, ufficialmente badante (italiana) ante litteram del padre malato, in realtà amante segreta del fratello che la tiene accanto a sè nascondendo la loro relazione al mondo (e alla sorella).
A Flavio Mazzini bastano questi pochi elementi per scrivere una commedia (tratta da un racconto di Marino Buzzi abbastanza rielaborato e trasformato) dalle battute esilaranti, con personaggi indovinati (generosamente sostenuti da degli attori all'altezza della situazione) e a far riflettere lo spettatore sui cambiamenti politici e sociali degli ultimi tre lustri italiani.
Poche indovinatissime battute sul senno di poi che l'autore si concede osservando l'Italia dal 1994 pensando all'oggi, sfruttando le intemperanze del genere commedia per parlare di noi, uomini e donne, di sinistra come di destra, etero ed omosessuali, compresi i bisex (ma non erano un'invenzione letteraria?) con intelligenza e acume, elegantemente dissimulati dietro la battuta comica, solo apparentemente unico scopo della pièce.
Due figli cresciuti nello stesso alveo comunista che non potrebbero essere più diversi: uno un raccomandato, inetto, pavido (e ipocrita) e l'altra, stanca di marciare per non ottenere nulla, che abbraccia la retorica del partito sceso in campo per fare. Un uomo senza talento alcuno (tanto che l'altro manoscritto che vorrebbe pubblicare, su Marcuse, illeggibile è stato fatto sparire dalla sorella) e una donna inaridita nella vita privata (ma che mantiene lo stesso la capacità di vedere le cose ben al di là degli uomini) che torna a vivere pienamente grazie all'arrivo imprevisto e ingombrante (ma solo all'inizio) di un personaggio (indovinatissimo) che emerge dal privato paterno solo dopo la sua morte. E non deve meravigliare se fratello e sorella rievochino brani delle rispettive infanzie profondamente dimenticate (e disattese) fatte di sogni e aspirazioni (il fratello che voleva essere ferroviere; la sorella che aveva scoperto l'amore e il sesso sacrificandoli alla carriera politica). Mazzini non agogna a un ritorno al privato ma sottolinea come il privato rimanga la vera chiave del cambiamento politico per ognuno di noi. E dove il sentimento e l'interrelazione umana travalicano qualunque definizione di ruolo e orientamento sessuale.
Attori e attrici contribuiscono in maniera diversa alla riuscita di questo testo facendone uno spettacolo godibile, secondo le possibilità date loro dai personaggi che interpretano. Marco Medelin è molto bravo nel dirigere gli attori e ha scelto per i personaggi degli interpreti molto indovinati.
Michela Totino è una camerieraamantepopolana dall'innato senso comico, che restituisce ogni battuta che il testo le propone con dirompente umorismo.
Cristiano Cecchetti è un fratello credibilissimo racchiuso com'è nella cifra del figlio di papà che ha fatto della propria vita un hobby.
Angelo Curci ha il ruolo ingrato di un personaggio muto (e dunque senza battute) ma le sue conversazioni a gesti (tradotte dalla cameriera) sono spassose e indimenticabili. Meno efficace Fabrizio Costa in un ruolo divertente quale quello dell'addetto al trucco delle salme mandato dal servizio di pompe funebri, effeminato e checca oltre ogni misura che rimane però sempre sullo stesso registro esagerato mentre il personaggio che interpreta gli richiedeva di modulare quel registro, pur rimanendo nel campo dell'effeminatezza camp, in un ventaglio più ampio di possibilità espressive.
Last but not least Susanna Cantelmo dà coerenza e credibilità alla pièce interpretando con un grande e generosa umanità un personaggio, impettito nella facciata impassibile della donna in tailleur devota alla carriera politica, che torna a vivere come persona solo quando si riappropria del corpo (della sessualità) rendendo questo cambiamento già solo con l'espressione del viso e del linguaggio del corpo.
Una commedia da non perdere per ridere, divertirsi e riflettere.
Una pièce da vedere. Per farlo, dovete affrettarvi, Il gelo in una stanza rimane in scena fino a domenica 22 maggio 2011.