In una stazione di Bucarest, alla vigilia del primo conflitto mondiale, un uomo e una donna si incontrano alla stazione. Lei, attrice solitaria e senza famiglia, lui possidente in fuga dall'amore per una giovane ragazza, sposatasi poi con un altro. I due solidarizzano, si confessano delusioni e speranze. Passa del tempo. Lei per amore e amicizia cerca di favorire il rientro di lui nella capitale, lo fa chiamare a partecipare all'attività politica del Paese, ma rimane nell'ombra, chiama un militare giovane amico dell'uomo, facendo figurare lui come artefice dell'iniziativa. Tutto sembra funzionare. L'uomo e l'attrice si ritrovano. Ma la giovane amata dall'uomo, cugina del giovane militare, ritorna. Lui si mette a bere, perde tutto al gioco, né l'amico né l'attrice riescono a farlo rinsavire. Quando l'uomo quasi sorprende l'attrice e il giovane amico insieme, crede amoreggino e, in una eccesso di gelosia, picchia l'attrice dandole della puttana. Il giovane e la donna si erano invece incontrati per organizzare una cena e permettere ai due amanti infelici di incontrarsi. Quella notte il giovane si presenta a casa della attrice, sconvolto e bisognoso di conforto... La cena si consuma e l'attrice e noi con lei scopriamo la verità. Un amore nascosto, corrisposto ma impossibile da vivere nella società dell'epoca. L'amato bene dell'uomo è in realtà il giovane amico, del quale era innamorato sin dai tempi del collegio. Promesse di amore eterno ma l'arrivo della cugina lo aveva portato via da lui... In una serie di flashback diamo il giusto senso a comportamenti e azioni già viste ma interpretate diversamente. I due giovani cugini partono per sempre. L'uomo si accomiata, in strada due spari lo atterrano. L'attrice resta da sola.
Il vero pregio di questo testo è la sua messa in scena. Il gioco seduce per le eleganti atmosfere, per il linguaggio, i costumi d'epoca, l'esecuzione di alcuni brani alla chitarra del bravo Michael Wernli, per il procedere della storia, ellittico, misterioso, per le raffinate soluzioni di regia che sfrutta i vari ambienti (cecovianamente sviluppati: una sala da pranzo in fondo al palco, un soggiorno nella parte mediana, e un esterno in proscenio, tutto ricoperto dalla neve) senza soluzione di continuità, tra salti temporali (quelli maggiori scanditi dalle lancette di un grosso orologio da muro manovrato dall'attrice) e colpi di scena complice anche un oculato impiego delle luci.
Molti gli spunti di riflessione, dall'amore come sacrificio e rinuncia all'omosessualità vissuta prima della costruzione moderna dell'identità gay che forse ha creato più problemi di quanti non ne abbia risolti. Ancora, la nostalgia per un mondo che sta per cambiare capace di sostenere molte di quelle modernità poi maldestramente spacciate per nuove e inconciliabili con esso.
Ma a considerare lo spettacolo al di là della sua messa in scena, meglio, del suo essere un testo recitato a teatro, a considerarlo, insomma, nella sua scrittura e nella sua opportunità drammaturgica, non ci si può esimere dal porsi la domanda cui
prodest?
L'eleganza del testo e la bravura degli interpreti, tutti i due navigati e bravissimi Gianna Paola Scaffidi e Romano Talevi che firma testo e regia, e i giovanissimi e altrettanto convincenti Valentina Morini e Pierfrancesco Ceccanei, non fa pesare certi comportamenti e atteggiamenti dei loro personaggi, che, pensati a freddo, si risolvono in certi topoi fin troppo classici: la donna matura (mater dolorosa) che si sacrifica per amore e amicizia all'amato bene; la donna giovane, immatura ed egoista, vera causa dei dolori degli uomini che, guarda caso, scoprono che l'amore più sentito è quello tra maschi, amore, beninteso, mai appagato o che si trasforma in famiglia ma trasfigurato in amore spirituale dalla morte di uno dei due amanti...
Ci chiediamo come escano le donne da questa pièce, che non vuole spezzare una lancia a favore di orientamenti sessuali altri ma è più affine a certi racconti d'altri tempi quali lo splendido I turbamenti del giovane Törless di Musil.
Ma lo spettacolo funziona e, mentre vi si assiste, affascina, intriga, tiene il pubblico col fiato sospeso e fa venir voglia di gridare "ancora! ancora!" e di questo bisogna render merito agli attori, al testo, al suo autore-interprete e alla sua regia.
Roma, Teatro L'Orangerie dal 22 al 26 Aprile
Visto il
al
Orangerie
di Roma
(RM)