Se 'Il bacio della pantera' scosse il pubblico al cinema, 'Le Lien' è in grado, a distanza di anni, di sortire lo stesso effetto.
Una scelta coraggiosa quella degli organizzatori del Festival di Todi, ossia inaugurare l'evento con un debutto in prima nazionale presentando un testo complesso, provocatorio, psicologico. Marie (Lucia Bendia) e Paul (Francesco Bonomo) si incontrano in un bar, dopo la morte del padre vengono a conoscenza delle loro reciproche esistenze. Tra un bicchiere di whisky e l'altro, i due fratelli cercano di ricostruire la figura paterna attraverso le bugie che ha raccontato per una vita intera. Un dialogo che, tra attrazione ed imbarazzo, li porta (con un cambio scena) nella sala d'attesa del notaio.
Marie, sempre più nevrotica e in imminente crollo psicologico, subisce la personalità enigmatica di Paul, il suo somigliare alla figura paterna (o quello che è il suo ricordo) sgretola ogni sua barriera emotiva. Ed anche di fronte alla possibilità di non ricevere attraverso l'eredità la dimostrazione d'amore paterna, Marie non perde il suo attaccamento edipico e cede alle lusinghe di Paul, instaurando un rapporto incestuoso con il fratello.
La battaglia verbale a colpi di accuse e ricordi, si trasforma in coraggio. Lo fa in un letto di una camera d'albergo. La guerra fredda prosegue tra una richiesta d'amore e un desiderio di affrancamento, ma via via più liberi di poter dare un'identità alla maschera di una vita. Dargli un volto, un sentimento ed un fischio. Quello usato per tracciare le vie di fuga dalle sue ignare realtà.
Testo intenso, con un taglio drammaturgico sulla tensione dei rapporti veramente interessante quello concepito dalla Sthers. L'autrice parigina ha toccato un argomento scottante senza morbosità, senza romanticismi superflui e chiaramente consapevole delle due inclinazioni emotivo-psicologiche. Ironica e con disturbo istrionico quella di Paul, nevrotica e con disturbo della personalità quella di Marie. I due attori, hanno retto la tensione e incarnato in modo credibile i personaggi. Bonomo ha incantato il pubblico con la sua naturalezza e la presenza scenica. La tensione della prima ha penalizzato la Bendia, togliendole a volte la possibilità di far arrivare la voce in platea ed in alcuni punti tenere a lungo una recitazione monotona, ma era chiaro il suo lavoro sul personaggio. La regia di Gisella Gobbi è pulita e sottolinea la storia con un arredamento scenico minimalista ed un disegno luci evocativo. L'unica nota, per un testo così serrato e complesso, forse sarebbe più pertinente un ambiente claustrofobico, con tagli di luce più intimisti.