Prosa
IL LIBRO CUORE ED ALTRE STORIE

"Un viaggio divertente ed amaro nella scuola itali

"Un viaggio divertente ed amaro nella scuola itali

A120 anni dalla sua pubblicazione (fratelli Treves, 1886), torna incredibilmente in scena l’attualità politica e culturale del libro “Cuore”, romanzo paradigmatico della letteratura postunitaria di Edmondo de Amicis, scrittore patriota che con le sue vedette lombarde, tamburini sardi e scrivani fiorentini, contribuì alla creazione di uno spirito nazionale unitario; nelle sue pagine, ad assurgere a protagonista del racconto letterario, non era solo l’infanzia in quanto tale, ma anche e soprattutto la scuola: la scuola come ganglio vitale, come luogo principe della formazione e come fucina di valori strettamente connessa con la famiglia e con lo Stato, come esemplare microcosmo della nuova società in costruzione. Senza dubbio, oggi il libro “Cuore”, impregnato del buonismo di una vecchia scuola paternalista incentrata su una didattica retriva e su metodologie draconiane, risulta grottesco e ridicolo. Ma siamo certi che la scuola di oggi faccia meno ridere di quella di allora? Può sembrare irriverente sorridere su un argomento così serio come l’educazione su cui si fonda la forza dell’identità, dei valori e del futuro di una nazione, ma il nostro riso amaro che accomuna l’eterna maestrina dalla penna rossa alla professoressa stressata dai crediti formativi, lo sfigatissimo muratorino al griffato bullo col jeans a vita bassa, è la prevedibile reazione ad una scuola continuamente sottoposta alle più incredibili vessazioni e alle più astratte sperimentazioni.                                                                                                                                                                              Dieci riforme più tardi, da Gentile alla Gelmini, la scuola italiana dell’autonomia, del federalismo, della globalizzazione, ha rinunciato a ogni immagine unificante e a ogni missione formativa nazionale. Sulla scena assistiamo, anche grazie al contributo della pungente penna di Stefano Benni, all’involontario e comico cabaret di presidi, funzionari e professori impegnati in un disperato sperimentalismo permanente, mentre, questo caos surreale, gli alunni cercano rifugio nel cinismo giovanilistico e in uno strategico autismo. La drammaturgia, firmata da Lucia Poli con Angelo Savelli, spazia con sapida libertà tra i caratteri e  le interpretazioni, dando voce a giudizi disparati e situazioni improbabili, cercando di creare una dimensione drammaturgica accattivante che solo a tratti, purtroppo, si concretizza nel gustoso cortocircuito metaletterario auspicato; infatti, tranne alcuni simpatici attraversamenti narrativi, la pièce si imbriglia in luoghi comuni e considerazioni retoriche e, di conseguenza, benché strappi qualche risata,  raramente fornisce reali spunti di riflessione. Forse, invece di indugiare su nostalgie scolastiche e sui facili sarcasmi, sarebbe opportuno ridare spazio all’impegno e alla speranza, acquisire serenamente la consapevolezza dei mutamenti irreversibili dei comportamenti dei bambini e dei giovani, assumersi l’onere di rispondere alle necessità di chi non maneggia più penna e calamaio, ma social network e touch screen, perché solo in questo modo potremo dare senso alla scuola di oggi e di domani, solo in questo modo potremo credibilmente sottoporla a un giusto trattamento critico-riflessivo; insomma, è indispensabile assumere fino in fondo la verità dell’attuale iconic turn, e cioè dell’avvento di un’era in cui domina la cultura visuale su quella linguistica e finirla, una buona volta, di guardare ad un passato scolastico, quale quello del libro “Cuore” ad esempio, che non solo è obsoleto ma è anche semenzaio di quei pregiudizi e di quelle convinzioni infondate che hanno reso l’Italia la più arretrata tra le nazioni europee relativamente ai diritti civili e alle libertà. La scuola indubbiamente deve essere ripensata globalmente, forse dissolta e ridisegnata, sullo sfondo di mutamenti epocali e irreversibili, e infine probabilmente riproposta come elemento non svendibile di una civiltà che faccia nuovamente perno sulla sensibilità culturale. Troppo spesso ci si dimentica, infatti, che “il mondo non lo ereditiamo dai padri, bensì lo abbiamo in prestito dai figli”.

Visto il 10-01-2012
al Della Cometa di Roma (RM)