Musica
IL LIBRO DEI SETTE SIGILLI

PROFETICA APOCALISSE VIENNESE

PROFETICA APOCALISSE VIENNESE

Per la stagione sinfonica dell’Accademia di Santa Cecilia è stata proposta al pubblico romano del Parco della Musica una vera e propria rarità, ”Il libro con sette sigilli” di Franz Schmidt (Bratislava 1878 – Vienna 1939). Si tratta di una riduzione dell’Apocalisse di Giovanni, nella traduzione di Martin Lutero, presentata come oratorio per soli, coro ed orchestra. Con la suggestione del senno di poi, ci piace immaginare che, con questa sua opera finita di comporre nel 1938, Franz Schmidt abbia in qualche modo previsto l’Apocalisse che avrebbe investito il mondo di lì a poco. Certamente il clima culturale lugubre non faceva presagire niente di buono, la musica a Vienna era rappresentata dalla nuova scuola dodecafonica e dagli ultimi echi tardoromantici; Schimdt, reduce da esperienze complesse, incomprensioni e delusioni, scelse la fedeltà alla tradizione classico-romantica di cui divenne estremo difensore. Dopo una prima educazione musicale in famiglia, in conservatorio a Vienna incontrò grandi maestri alcuni dei quali purtroppo non lo apprezzarono adeguatamente, rinunciò al pianoforte e divenne violoncellista. Per una cadenza da lui inventata per questo strumento in un Concerto di Haydn ricevette lodi da Brahms in persona, poi ottenne il posto come violoncello di fila nell’orchestra della Hofoper di cui Mahler prese la direzione artistica. Il rapporto con quest’ultimo fu pieno di contrasti e di incomprensioni, fino alla reciproca ostilità. Tuttavia fu un artista rispettato ed ammirato per le sue composizioni, tutte rigorosamente accademiche, lontane da quella che cominciava ad essere definita “arte degenerata”. Ebbe anche una brillante carriera come didatta. I maggiori riconoscimenti gli giunsero verso la fine della sua parabola terrena proprio con questo oratorio.

Siamo nel pieno della tradizione della musica sacra, i riferimenti a Bach, Haydn e Haendel sono evidenti in tutta l’opera; però qua e là si capisce che siamo in pieno Novecento: emergono inattese dissonanze, colori e ritmi quasi stravinskiani, un assolo di organo modernissimo e spigoloso insieme ad una sapiente ed emozionante polifonia classica. L’ascolto è impegnativo, quasi due ore senza intervallo, gli estenuanti recitativi di Giovanni (tenore) hanno fiaccato la resistenza di qualche ascoltatore che ha gettato la spugna ed è uscito prima, perdendo le parti più belle: gli emozionanti cori, le trovate orchestrali che descrivono in modo teatrale i Cavalieri, i Flagelli, gli Angeli, l’enigma dei numeri, addirittura i colori fino allo stupendo Alleluia che rivela (Apocalisse significa appunto Rivelazione) la Redenzione. L’opera termina con un sommesso coro maschile, in puro gregoriano.

Grande prova dell’orchestra di Santa Cecilia sotto l’esperta ed energica direzione di Leopold Hager, emozionante il coro diretto da Ciro Visco; va sottolineato l’eroico impegno del tenore Stephen Minke nel ruolo di Giovanni, subentrato ad Herbert Lippert, indisposto.

Un vivo apprezzamento alla Direzione artistica per la proposta culturale che rinnova un repertorio non sempre freschissimo.