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IL MALATO IMMAGINARIO - PAURA E DELIRIO A PARIGI

Argante all'epoca del trionfo della farmacologia

Argante all'epoca del trionfo della farmacologia

Argante, il malato immaginario, è, nella lettura degli Stregatti, un giovane dipendente dai farmaci, re delle feste parigine, come ama autodefinirsi, e succube di Belinda, l’infida moglie, e dei medici che sfruttano le sue paure.
In un contesto contemporaneo, dove l’ipocondria è mischiata alla dipendenza da sostanze chimiche e agli stati di alterazione da esse indotti, il testo di Molière è rispettato nella trama e nell’intreccio, con i fatti che si susseguono rapidamente e le situazioni paradossali che suscitano ilarità ma anche riflessione.

Michele Puleio è un Argante fagocitato da un’ipocondria totalizzante e riflette, nella sua dipendenza, la mancanza di sicurezza e la solitudine esistenziale che ne deriva. I suoi dialoghi con Tonina (la tata in questa versione giovanile dell’avaro, interpretata da Greta Pavese), sono esilaranti e si avvalgono di una gestualità calcata che sottolinea ogni parola con un confronto fisico che assicura un effetto comico riuscitissimo. L’ottusità mentale che deriva dal bisogno maniacale di farmaci induce il protagonista a voler costringere la sorella Angelica (Valentina Sivieri) a sposare l’improponibile figlio del suo medico.

I dottori imbroglioni (Assunta Floris e Luca Zilovich, il figlio) sono nebulosi e rapaci come nel testo di Molière, si esprimono con gli stessi termini incomprensibili e visibilmente mirano solo al loro proprio interesse. La loro recitazione si alterna con momenti al confine della danza, durante i quali diventano esseri malefici che popolano gli incubi di Argante, indotto ad un sonno disturbato dall’abuso di medicine. Surreale e onirica la scena di un’operazione chirurgica svolta a passi di danza e con le movenze da prestigiatori circensi.

Come da testo classico, Cleante (un bravissimo Simone Guarino dalla vis comica irresistibile)  tenta di dissimulare il suo rapimento per Angelica che lo corrisponde, mentre  Belinda (Selena Bricco ) è una moglie perfida, eccessiva e palese nella cupidigia come in tutte le sue manifestazioni.

Il taglio registico di Luca Zilovich e Gianluca Ghnò rispetta la natura del testo e ne evidenzia l’aspetto legato al vizio causato da una carenza esistenziale, l’eterna ricerca di protezione e sicurezza che porta a conseguenze nefaste. La lettura è originale e molto movimentata, una macchina scenica dai tempi comici perfetti che si avvale di una gestualità marcata e di una coralità costante. A questo proposito è funzionale un escamotage scenografico costituito da una parete di fondo vetrata, che consente ai personaggi fuori scena di partecipare all’azione in atto, sottolineandone gli eventi, e allo spettatore di vedere ciò che accade in altro luogo in contemporanea.

L’ unicum di spazio risultante, che mostra più ambienti, accresce il ritmo che diventa forsennato come nell’intento originario del grande commediografo, la cui opera risulta ancora oggi attuale e straordinariamente divertente.

Visto il 06-09-2014
al Ex ospedale militare di Alessandria (AL)