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IL MARE IN TASCA

Il delirio di uno spettacolo-celebrazione

Il delirio di uno spettacolo-celebrazione

Cesar Brie è bravo, c'è poco da dire su questo. Ha un modo di recitare (e pure di dirigere) avvicente: potrebbe recitare per ore e la gente starebbe lì a guardarlo. Da solo, infatti, come si dice in gergo tecnico, riempie il palco.

Lo spettacolo Il mare in tasca, però, devo ammetterlo, è stato davvero insolito. Innanzitutto è uno spettacolo che Brie si è scritto da solo, e poi si sente che deriva da un lavoro laboratoriale (tipico del suo modo di fare). La trama c'era e non c'era. La storia che ha raccontato, infatti, era più una questione metaforica, che non un classico spettacolo con inizio-svolgimento-fine. Si è trattato di uno spettacolo intimista: un racconto, ma non un monologo. Tema centrale era l'amore inteso in senso lato (il crederci incondizionatamente e vederlo in ogni atto della vita). Il personaggio per la maggior parte della pièce dialogava con Dio, il quale, peraltro, non faceva altro che rimproverarlo. Verso la fine dello spettacolo, invece, ricordava il sentimentalismo esagerato della madre, da cui si è pure travestito.

Il personaggio in questione, che all'inizio dello spettacolo si sveglia nel suo letto ma con un'anima divisa, passa in rassegna la sua vita (senza per questo raccontarla, ma solamente riferendone le passioni dell'animo) ed i <<naufragi>> che ha fatto tra l'adolescenza e la vecchiaia, con alcune parti davvero eccessive. Viene mostrata la solitudine di un uomo che pur essendo circondato di persone, non si lega ad esse. E definisce la vita come un cammino in un corridoio alla fine di cui c'è una porta con dietro la morte.

Secondo la locandina dello spettacolo doveva essere un attore che una mattina si svegliava ritrovandosi prete, ed in effetti così è stato. Ma i suoi dialoghi-lotte interiori col Signore e i suoi atti di confessione sono stati a dir poco sui generis. Un delirio.

Come ha detto lo stesso attore-personaggio facendo un parallelo tra le due figure (prete e attore) <<Per l'attore lo spettacolo è il sacramento e lo spettatore è il testimone>> e, poi, <<la morte a teatro è il finale, quando l'attore esce di scena>>.

C'è da dire che nel suo spettacolo è stata esplicitata l'antica tesi antropologica del teatro come luogo sacro, dello spettacolo come di una celebrazione eucaristica. Non è una profanazione, sopratutto se pensiamo che in alcune società tribali, le credenze in forme di divinità superiori sono celebrate con rituali simili a spettacoli di teatro e/o danza. Lo stesso teatro greco pare sia nato come rituale celebrativo dionisiaco.

In Cesar Brie, a livello pratico-realizzativo, non c'è niente di questo mitismo di fondo, tranne che l'aspetto antropologico portato a galla, mentre invece, di solito, negli spettacoli comuni rimane un sottofondo (spesso molto celato).

Compito dello spettacolo, è quello di mettere a nudo le stranezze della vita e delle passioni di tutti i giorni; in questo è di aiuto allo spettatore per capire se stesso e gli altri, come fosse, non solo uno specchio, ma una specie di cura.

Un altro aspetto fondamentale dello spettacolo è stato la morte, cioè la fine dello spettacolo, quando l'attore esce di scena: lì, la performance finisce, come un essere umano termina la vita.

Come sempre negli spettacoli di Cesar Brie, sono ammirevoli le scenografie. Non sono particolarmente ricche, ma sono sempre dotate di senso logico o significative: una sedia, una lunga tunica bianca appesa ad una stampella, un letto decomponibile che, portato l'asse al punto giusto, sul proscenio, diventa l'inizio del cammino che conduce alla porta. Oppure, ad esempio, la mini-panchina con delle bamboline, sul fondo del palco, poste di schiena agli spettatori, con cui Cesar, di tanto in tanto andava a parlare, considerandoli spettatori alla stregua del pubblico vero e persino inscenando l'abbandono a metà dello spettacolo, di uno di loro.

Nel complesso, si tratta uno spettacolo per gli amanti del teatro sperimentale e di Cesar Brie.

Visto il 13-02-2011
al Municipale di Costigliole D'Asti (AT)