Lirica
IL MATRIMONIO SEGRETO

Matrimonio Morgan...atico a Novara

Matrimonio Morgan...atico a Novara

Si può scherzosamente giocare con libertà linguistica affermando che Il Matrimonio segreto di Cimarosa nella produzione della Fondazione Teatro Coccia di Novara, sia stato Morgan...atico, in quanto il regista Marco Castoldi in arte Morgan ha assunto un ruolo predominante. La scelta compiuta del neo eletto direttore artistico Renata Rapetti ha palesemente privilegiato criteri mediatici. Perché no? L'adeguamento alle esigenze di mercato è indispensabile per traghettare il genere operistico nel terzo millennio, inoltre la prima legge teatrale recita: "non importa come, purché se ne parli". E' questo oltretutto il caso di parlarne bene, lasciando margine a poche perplessità. La trama è atemporale: un genitore fa di tutto per procurare alle due figlie un matrimonio che assicuri solidità economica e posizione sociale. Si potrebbe dire che l'impostazione non abbia brillato per singolarità, avendo rapportato la vicenda all'odierno sentire mediante l'utilizzo di spunti figurativi e cinematografici. Già visto, ma gli elementi da considerarsi forieri di individualità sono il metodo, il percorso e il modo, qui indubbiamente originali. Estrosi costumi (di Giuseppe Magistro realizzati da Simone Racioppo con la Scuola Pianeta Moda di Pescara) che, al pari delle imponenti parrucche rosa-lilla per le donne e verde-blu per gli uomini (di Marco Gabellini) sembravano forgiati a immagine e somiglianza del regista, perciò atti a concretizzarne scenicamente le idee con grande efficacia. Affascinanti le luci in perenne metamorfosi (lighting designer Marcello Jazzetti). Poltrone (di Alessandro Mendini) in miniatura a delimitare il proscenio e a dimensioni reali declinate in diverse tinte corrispondenti ai protagonisti; più una che riassumeva tutte le sfumature riservata simbolicamente a Cimarosa, la quale sul finale ha accolto lo sfinito padron di casa preda di "testa imbrogliata" al dipanarsi delle multicolori matasse amorose. Scenografia fissa (di Patrizia Bocconi) riproducente uno scheletro di palazzo che da solo ha svolto buona parte del disegno registico conferendo movimento e suggerendo soluzioni drammaturgiche. Stralci delle parole del libretto di Bertati e i nomi in locandina sono apparsi sovraimpressi e sfasati, commistione di ieri con l'oggi, mentre le finestre hanno incorniciato in quadri viventi i doppi dei personaggi: figure in bianco e nero che hanno traghettato le rispettive matrici settecentesche nell'era industriale.
Il Matrimonio segreto, come ricordato nelle note alla brochure di sala a cura di Alessandro Mormile, "è opera che aveva perso i toni farseschi e si era nobilitata". Invero qui le escursioni nella farsa non sono mancate, in una sorta di rivisitazione pop delle Maschere della Commedia dell'Arte, ma possono etichettarsi come un procedere per iperboli che ha rimpolpato di vis comica il bellissimo minimalismo di base. Gli eccessi si sono verificati in alcune invenzioni (Geronimo che chiede caffè e sigaretta o che distrattamente accenna al Barbiere rossiniano, salvo poi scusarsi con il direttore d'orchestra) ed hanno toccato l'apice con l'autocitazione di Morgan inseritosi in carne ed ossa all'interno della finzione da lui medesimo creata. Il leader dei Bluvertigo si è cimentato nel canto ("questo gabinetto è un logo adattissimo per parlar di segreti") con esiti sui quali preferiamo sorvolare. Gli intenti sono stati smaccatamente autoironici, intelligente presa in giro di sé stesso, tuttavia superflui: l'insert ha ricordato che di operazione mediatica si trattava. A far da contrappunto alle marcature espressive, la distanza rigorosa frapposta tra i soggetti, le cui interazioni ridotte al minimo hanno comunicato incapacità di condivisione umana che non fosse di facciata; un senso di esasperata individualità rasentante l'a-socialità. Concetto di egocentrismo interiore molto moderno. Capovolgendo Hemingway, per Morgan ciascun uomo è un'isola. Solo l'indole di Carolina ha subito qualche sbalzo in itinere: la ragazza ribelle e insolente tratteggiata da Morgan ha dovuto cedere il passo a quella di Cimarosa, romanticamente sensibile a fiori e gioielli. Perché in fondo l'anticonvenzionalità del regista ha consistito nel riappropriarsi coraggiosamente di una convenzionalità atavica, alla riscoperta di valori apparentemente decaduti. Buoni belli puliti sentimenti governati dall'amore, più consoni, lo diciamo con ammirazione, alla mutaforma Fata Morgana (appellata anche Morgane, Morgaine o, guarda caso, Morgan) che ad un pirata del ventunesimo secolo. 
Per bilanciare siffatta forte impronta era necessario un direttore di altrettanto spiccata personalità. Carlo Goldstein ha condotto l'Orchestra Filarmonica Italiana con polso e limpidi slanci temperamentosi che hanno musicalmente supportato i caratteri decisi tratteggiati in scena. Padrone della buca così come abile nel riprendere le redini di qualche intemperanza sul palco. Stefania Bonfadelli ha confermato la pura e semplice bellezza del timbro, la padronanza delle dinamiche duttili e agili, la perizia nella tecnica vocale gestita in ammirevole sincronia con la recitazione, ben dosata tra smoderatezza e ragionevolezza, studiate malizie e spontanee innocenze di Carolina. Edgardo Rocha possiede un patrimonio di mezzi del quale deve ancora acquisire piena consapevolezza. La titubanza nel "lasciarsi andare" nei panni di Paolino è stata compensata da una linea di canto attenta alle torniture, di grande facilità negli acuti forse un poco nasali comunque dalle gradevoli sonorità. Il basso Bruno Praticò ha affinato un'arte del buffo nella quale è impossibile scindere l'aspetto vocale da quello attoriale, compenetranti. Una interpretazione di Geronimo tarata sull'affinato metro personale indulgente alla sempiterna gag, alla compiaciuta consacrazione degli estremi, spingendo a tavoletta sull'acceleratore delle "sporcature" burlesche nel canto. Buona la prova del soprano Maria Costanza Nocentini, Elisetta spiritosissima nell'aver stemperato in toni ludici la scena conclusiva ironicamente sado-maso, svolta in coppia con la scatenata Irene Molinari, Fidalma. Sia quest'ultima che Filippo Fontana, Robinson hanno denotato voci corpose, in grado di spaziare anche in altri repertori. Il mezzosoprano, dall'affinata capacità di chiaro-scuri, ha ben tarato la potenza di cui dispone, mentre il baritono, grazie alla ragguardevole naturalità di emissione è talvolta incappato in sovradosaggio di volumi; bellissima timbrica, brillante e suadente unita all'accurata dizione nello scioglilingua del second'atto.
Inizio con il quarto d'ora accademico di ritardo, molti posti vuoti in loggia e loggione, presente un parterre vip: Franca Valeri, Ivano Fossati, Dori Ghezzi e alcuni concorrenti di X Factor. Chiamate alla ribalta equamente divise tra tutti i protagonisti.

Visto il 05-10-2012
al Coccia di Novara (NO)