Gennaro Cannavacciuolo in abito scuro tutto scintille e paillette è tirato a lucido come nei giorni di gran festa. È un artista pieno di raffinatezza, garbo ed esperienza, uno degli ultimi eredi della grande scuola eduardiana. Dopo “Volere” e “Gran Varietà” ritorna alla Sala Fontana con la sua trascinante arte napoletana fatta di caffè concerto, avanspettacolo e varietà. Un genere, il suo, di questi tempi disgraziatamente sempre meno conosciuto ma di grande tradizione, basti pensare che diede i natali ad artisti del calibro di Petrolini, Totò, Sordi e molti altri ancora.
Quest'ultima fatica è un recital in due tempi dove il nostro non è mai da solo. Sul palco, a condividere la scena fino ad impadronirsene, c'è un'artista che un po' gli somiglia perché come lui ha cantato l'amore, le miserie della vita e la libertà. Il suo nome è Carolina Mignone, in arte Milly. Cantante straordinaria, attrice brillante, fantasista nel senso più nobile della parola ha calcato i palcoscenici nazionali ed internazionali, il mondo della canzone, il cinema e la televisione per decenni, entrando in contatto con i grandi del Novecento. Di questa diva nata ad Alessandria da famiglia povera si sono sempre sussurrate certe storie maliziose impastate con la curiosità di un'epoca dalla morale di ferro. Ma è stato solo il prezzo che un'audace femminilità, un'ugola d'oro, uno spirito libero ha dovuto pagare alla legge del suo tempo. Era l'amore platonico di un giovanissimo Cesare Pavese che le scriveva lettere infuocate, corteggiata da Vittorio De Sica e amata persino dal principe Umberto di Savoia. Pare che a Parigi e New York gli ammiratori le donassero gioielli nascosti tra i gladioli. Ma la sua fu soprattutto una vita spesa per il lavoro, vissuto sempre come impegno e fatica.
Era il 1980 quando Carolina Mignone morì nella sua casa di Milano. Milly invece, come tutti i grandi artisti che vivono nelle loro opere e non muoiono mai, stasera è di scena ed è la protagonista. Cannavacciuolo le dà spazio e tutta la corda che occorre. Porge il canovaccio al pubblico senza imporlo. Artisticamente è figlio di Eduardo e si vede. Ha una dignità tale da servire il piatto senza mai diventare servitore. Non s'accontenta di far dominare la scena a lui e alla storia di Milly ma concentra su di sé (e su di lei) l'intera sala. Ci sono note di pianoforte suonate dal vivo, canzoni bellissime, foto in versione gigante e tanti oggetti quali tacchi, calze, fiori e abiti di tessuto pregiato.
Nel foyer, dopo gli applausi, il pubblico si attarda intorno a due abiti originali di Milly. Calato il sipario la diva è evaporata via.