La compagnia TSI La fabbrica dell’attore porta in scena al Teatro Vascello fino al 6 dicembre una delle commedie più famose del drammaturgo francese Moliére: “Il Misantropo”. Protagonista è Alceste, un uomo che non scende a compromessi con le mode della società: intransigente, idealista, pretende di comportarsi senza ipocrisie e senza piegarsi a compromessi, incapace di conciliare i propri principi etici con le consuetudini sociali. Malgrado il suo rigore morale, Alceste si innamora di una donna che rappresenta l’opposto dei suoi valori: Célimène, una giovane civettuola, amante della mondanità. L’uomo cerca di convincere la sua amante a rinunciare al mondo a cui è abituata per amor suo, ma la differenza dei due caratteri e dei due modi di vivere porterà alla fine della relazione amorosa. Il deluso Alceste, che nel frattempo ha perso un processo intentatogli, deciderà di lasciare tutto e tutti per ritirarsi in una vita solitaria.
Altro personaggio significativo di quest'opera è Filinte, modello che si contrappone ad Alceste. Di fronte all’amico moralista, egli si ostina a restare ancorato alla realtà, affermando che il mondo con i suoi difetti non si può cambiare e quindi l'unico modo per vivere bene in questa società pervasa da immoralità e dissimulazione è adattarsi ad essa. Alceste, irremovibile nel suo atteggiamento, andrà incontro ad una prevedibile sconfitta. Sconfitta, al pari suo, però, sarà pure Célimène, che vedrà scoperte le sue bugie ed i suoi opportunistici inganni, e sarà abbandonata da tutti perdendo la buona reputazione faticosamente conquistata.
Tutta la commedia di Molière gioca sulla contrapposizione di due mondi e di due concezioni di vita opposti: da una parte c’è la rude sincerità delle opinioni e dei sentimenti di Alceste, con i suoi ideali e la sua filosofia assolutista; dall’altra c’è la vana superficialità di una società borghese fondata sulle apparenze, incentrata su una filosofia relativista, rappresentata da Célimène e suoi corteggiatori.
La messe in scena al teatro Vascello reinterpreta in chiave moderna quest’opera seicentesca, scegliendo di mantenere quanto più possibile la fedeltà al linguaggio usato nel testo, ma estraendolo da una precisa connotazione temporale, attraverso una scenografia suggestiva e moderna. La scena molto ampia, che rappresenta la casa di Cèlimène, è divisa in vari ambienti da un lungo tappeto rosso posto al centro, ideale passerella di vanità mondane. I costumi utilizzati dagli attori, fuori dall’epoca narrata, sono volti più che altro a caratterizzare al meglio i personaggi.
Il risultato è una rappresentazione de Il Misantropo stereotipata, dove trapela l’ intento registico della messa a nudo dei sentimenti. Alceste è esaltato come un eroe moderno, un uomo controcorrente, che perseguendo un disegno impossibile, giunge ad una sconfitta esistenziale. Questo classico del teatro viene dunque riletto da Paolo Zuccari, che ne è regista e interprete principale, mettendo in evidenza alcuni temi moderni e accentuando alcuni atteggiamenti dell’innamorato cronico, la cui gelosia molto spesso sfocia nella nevrosi. Il rapporto difficile tra razionalità e sentimenti viene messo in scena, calato in una realtà fatta di compromessi, immoralità e dissimulazione.
Malgrado l’amarezza e la follia che porta con sé il protagonista, il pubblico riesce a ridere durante lo spettacolo per la sorpresa della verità che si palesa sfacciata. E’ un riso catartico, in cui ridiamo di Alceste, del suo essere assolutista fino a diventare grottesco, ma ridiamo anche di noi stessi, perché assistendo alle sue sfuriate idealiste, ci sorprendiamo a tratti riflessi come in uno specchio, e veniamo trascinati nelle contraddizioni profonde della ragione e dell’istinto.
Questa interpretazione del testo di Molière evidenzia bene l’immutabilità del mondo. La Corte ed il Re, spesso citati, rappresentano il potere costituito, con i suoi privilegi e le sue corruzioni. Come con il passar dei secoli il potere cambia i suoi rappresentanti e suoi nomi, ma non la sostanza, così l’uomo cambia le mode, ma non la vanità che è intrinseca in lui.
Il ritmo della piéce, fiacco nella prima parte, diventa pian piano più sostenuto, fino a raggiungere nel finale picchi di nevrosi, volti a far riflettere lo spettatore sulla dicotomia ragione e sentimento, essere ed apparire. La recitazione degli attori risulta complessivamente equilibrata, anche se passionale. Merito della compagnia TSI è di aver fatto rivivere un classico del teatro, cogliendo nel testo gli aspetti drammaturgici ed esistenziali più moderni. Ciò che caratterizza più di ogni altro elemento questa messa in scena, è l’ azzardato connubio tra il testo originale, e l’ambientazione e la recitazione moderne. Grazie a questo bizzarro accostamento lo spettatore percepisce quasi un effetto di straniamento, di sicuro originale, ma che resta di gusto opinabile.
Visto il
28-11-2009
al
Vascello
di Roma
(RM)