Prosa
IL MISTERO DEL CALZINO BUCATO

Per ridere basta un calzino bucato

Per ridere basta un calzino bucato
Al Teatro Ghione di Roma la Compagnia Teatro Della Città porta in scena il collaudato e riuscito spettacolo “Il mistero del calzino bucato”. La prima considerazione da fare, per nulla scontata, è il piacere che si prova quando si apre il sipario e si viene accolti in una scenografia tanto accurata; ancor più gradita l’introduzione musicale al pianoforte e al violino realizzata rispettivamente da Fabrizio Siciliano e Marco Morandi. I primi istanti sono dedicati ad una sorta di presentazione dei personaggi che per un paio d’ore animeranno nei modi più insoliti ed inaspettati la scena: Charles, nipote del miliardario Lord Timoty Pinkerton, appare immediatamente come un tipo dall’umore instabile e a tratti spietato; il maggiordomo Chester – interpretato da Marco Zadra, autore della commedia e punta di diamante di questa compagnia - è il suo “compagno di giochi”, il suo complice, il braccio e tutto sommato, in parte, anche la mente; la governante, donna tutt’altro che sottomessa; la zia e la sua accompagnatrice, coppia di vecchiette caricaturali ed irresistibili; la moglie di Charles, bruttina, un po’ stupida e con la “r” moscia e Dorothy, la segretaria di Lord Pinkerton, tutti riuniti in occasione del Natale. Con l’omicidio del padrone di casa, poi, si aggiungono a colorire la situazione un altro nipote con la consorte e gli incapaci poliziotti – dei due, l’ispettore Fish è il più disinvolto e spiritoso. Tutti i personaggi, quanto mai variegati, sono divertenti in modo sorprendente: proprio quando si presentano impostati e decorosi, da veri lord inglesi si trasformano, lasciandosi improvvisamente andare ad espressioni dialettali, colorite e talvolta volgarotte ma tutto sommato buffe. Sfruttano moltissimo le potenzialità della lingua e la sua equivocità, passando dall’accento inglese a quello romano e creando esilaranti giochi di parole. La storia dell’omicidio è solo un pretesto per far stare questi formidabili artisti dell’intrattenimento sul palco e darci prova della loro abilità canora, mimica, cabarettistica, assemblando una serie di gag e sketch comici che si susseguono senza sosta, con l’intento primario di apparire meno seri possibile. Cantano “Quel mazzolin di fiori”, poi un pezzo Gospel; passano accidentalmente per Giusy Ferrero fino all’interpretazione notevole di un canto sardo; ci infilano dentro una breve rivisitazione della favola di Cenerentola e chi più ne ha, più ne metta. È un umorismo semplice, demenziale a volte assurdo ma a portata della gente. Le risate sono garantite.
Visto il 10-12-2009
al Ghione di Roma (RM)