Il 1927 è l'anno di Turandot e del Naso e non si potrebbero immaginare due opere più lontane tra loro: Turandot è un punto di arrivo, l'ultima opera di un compositore di una certa età, il Naso è un punto di partenza, la prima opera (dirompente) di un ventenne. La partitura del Naso, infatti, contiene evidenti radicalismi di avanguardia e ardite sperimentazioni, così come la storia, tratta dalla novella di Gogol, ha efficacia caricaturale, è satira pungente di tutte le burocrazie e di tutti i conformismi. La stessa musica, spigolosa e frizzante, nuovissima, è la caricatura delle convenzioni melodrammatiche ed accademiche, care allo stalinismo in ascesa, che la allontanò rapidamente dalle scene fino agli anni Settanta.
L'allestimento del Teatro Musicale da Camera di Mosca, presentato a Parma, fa parte della storia del teatro. Il regista Boris Pokrovskij sottolinea la forza satirica e caricaturale della vicenda paradossale, il formalismo che prevale sulla sostanza. Pur nella quasi assenza di trama, la regia rende concreti i tanti spunti formali della partitura e crea uno spettacolo vivace e appassionante che non ha perso smalto dopo oltre trent'anni dalla prima messa in scena, complice anche il grande affiatamento della compagnia. I cantanti sono ai lati del palco, seduti su panche davanti a manichini con costumi e cappelli e si vestono in base alle esigenze sceniche. La scenografia si basa solo su una cancellata davanti ad alcune silhouette, cubi o semicilindri che diventano tutto. Il resto è nell'abilità della regia di muovere i cantanti, creando in modo efficace ed immediato ogni situazione e cogliendo ogni suggestione musicale.
I numerosi cantanti sono trattati come marionette, fantocci di un mondo inverosimile e per questo verissimo; il risultato è divertente e, a momenti, commovente. Impossibile citare tutti i componenti della numerosa compagnia del teatro Pokrovskij, ma dobbiamo rilevare la direzione orchestrale di Vladimir Agronskij e Evgenij Bolučevskij, con il suo Kovalëv che pare un Cyrano russo.
Molti applausi ma pubblico non numeroso: i parmensi hanno perso un'occasione di confronto con la musica del Novecento (rectius con la Musica) e di ammirare un allestimento leggendario.