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IL PIACERE DELL'ONESTà

Il piacere dell'onestà: un insolito Geppy Gleijeses riscopre Pirandello

Il piacere dell'onestà
Il piacere dell'onestà

La regia di Liliana Cavani insiste sull’alone di mistero che circonda i personaggi, Geppy Gleijeses si accosta al ruolo di Angelo Baldovino sfoggiando un’insolita flemma che si adatta al personaggio

Una giovane donna disonorata, un matrimonio riparatore, un uomo dal passato ambiguo in cerca di riscatto: questi elementi definiscono il plot alla base della commedia Il piacere dell’onestà, scritta da Luigi Pirandello nel 1917.
La regia di Liliana Cavani insiste sull’alone di mistero che circonda i personaggi e le relazioni che intercorrono tra loro, elevando il nobile decaduto Angelo Baldovino verso una rispettabilità dalle sfumature decisamente contemporanee.

Un’interpretazione flemmatica

Angelo Baldovino è un giocatore d’azzardo fallito, vittima delle proprie debolezze, che per evitare lo scandalo e salvare l’onorabilità della giovane Agata, messa incinta da un nobile sposato, si presta, per denaro, alle nozze di facciata. Trovandosi nella condizione di incarnare la virtù dell’onestà, ci prende gusto e decide con fermezza di continuare a mantenere un comportamento irreprensibile, sconvolgendo i piani di tutti coloro che gravitano intorno a lui.

Geppy Gleijeses si accosta al ruolo di Angelo Baldovino sfoggiando un’insolita flemma, che si adatta al personaggio, ma un po’ meno all’istrionismo di cui spesso ha dato prova l’attore. E il ritmo dello spettacolo ne risente, dilatandosi notevolmente, nonostante gli originari tre atti della commedia siano stati ridotti a un tempo unico della durata complessiva di 100 minuti.


La caduta delle maschere

L’atteggiamento flemmatico del protagonista viene messo da parte solo quando egli manifesta la ferma intenzione di non stare più al gioco delle convenienze borghesi, comportandosi da marito irreprensibile nei riguardi della giovane Agata, interpretata con dignitosa compostezza da Vanessa Gravina, che contribuisce a rendere effettivo quel senso di mistero che caratterizza l’allestimento. La veemenza con la quale Baldovino sbatte i pugni sullo scrittoio, rovesciando progressivamente le pedine di un’intera chiacchiera, segna lo smascheramento delle ipocrisie sociali del Novecento.

L’ipocrisia (consapevole) della nobiltà è incarnata con fine eleganza dal marchese Fabio Colli, interpretato da Leandro Amato, dal quale traspare un’evidente sintonia artistica in scena con Maximilian Nisi, nel ruolo di Maurizio Setti: quest’ultimo non si presenta come un viveur, ma è piuttosto un parente che vuole sinceramente prodigarsi per contribuire a risolvere i guai del marchese. E si rende anche interprete del pensiero di Pirandello, attraverso un monologo che contrappone realtà e finzione, essere e dover essere: una riflessione filosofica che, partendo da Cartesio, si allarga sui concetti di inganno sociale e apparenza, temi particolarmente cari al drammaturgo agrigentino.

L’allestimento firmato da Liliana Cavani sposta l’azione scenica leggermente in avanti rispetto alla data di pubblicazione dell’opera: la funzionale scenografia e i raffinati costumi ambientano verosimilmente i fatti in piena epoca fascista, a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta. Contemporaneamente, le musiche di Theo Teardo sottolineano il carattere a-temporale delle tematiche affrontate.

Visto il 01-03-2019
al Carignano di Torino (TO)