Prosa
IL POPOLO NON HA IL PANE? DIAMOGLI LE BRIOCHES

Ridere la morte. Ridere la follia.

Ridere la morte. Ridere la follia.
Ridere la Morte. Ridere la follia. La persona, il personaggio, l'attore che interpreta, scimmiotta, sbeffeggia, il carattere di cui si è impossessato o dal quale è posseduto. Re Lear divenuto pazzo o Macbeth istigato dal fato(e dalla donna amata), l'Amleto di Filippo Timi è tutto ( alla fine, dopo la morte, cosa si è: uomo, donna, o pesce, di Petroliniana memoria) e il contrario di tutto, vittima e carnefice, o forse è solo ALTRO da sé. E' finalmente il metteur en scéne della propria tragedia, che in 400 anni è stata rappresentata, o si è tentato di rappresentarla, in modo fedele, tradizionalista o talvolta ostentando un'eccessiva modernità e padronanza di sé, eccendendo nel kitsh (tornano in/fuori scena echi delle versioni di Carmelo Bene e Ettore Petrolini): stavolta è Amleto stesso a dirigere, volente o nolente, la propria storia. E forse è stufo di vedere/vedersi costretto in un ruolo, in un personaggio che parla, impreca, grida, ama, odia, vive, e muore. Amleto-Timi ha coscienza dei propri accadimenti, del futuro e del proprio triste destino, e manovra abilmente i personaggi fantocci, maschere caricaturali dell'arte teatrale di questi 4 secoli, che si porta con sé, che lo circondano. La Morte aleggia nell'aria, nelle parole, negli sguardi e nella scenografia (sottoforma di palloncini neri) ed è esorcizzata nei siparietti che un'attrice s-vamp tiene per il proprio ipotetico pubblico, alla vigilia di un importante traguardo, la fine (della vita), la conquista della statuetta dell'Oscar. Ofelia c'è ( viva/morta) o ci fa? Insanguinata come in uno splatter movie, cerca l'amore, quello "spirituale", quello dei sentimenti dell'adolescente e quello carnale, in Amleto, che, come da copione, non dialoga con lei, la respinge, la allontana. Anch'esso, però, si fa possedere dalla pazzia ( persino dallo spiritello infernale Beetlejeuse di Tim Burton intonando una improbabile, nel tempo e nel luogo, Banana boat Song) e, una volta tanto, dalla PAZZA Ofelia. Gertrude, la madre che ha tradito la fiducia del figlio, è ridotta a burattino e a buffona di corte, perchè la visione malefica e "murderous" della mammina non può comparire nei pensieri dell'erede, che adesso vuole cambiare le regole sul campo, anzi sul palcoscenico. Tremendamente comico, ironicamente drammatico, tragico il mondo attorno ad Amleto. Diamo le brioches al pubblico che chiede il pane, edulcoriamo un qualcosa che, tragicamente, è venuto a mancare o che è poco, povero; parliamo di altro, di altri, di storie che non conosciamo. Il buffone è il re, il re è un handicappato o un affabulatore/imbonitore di stolti. Forte, irregolare e onirico, scuro e patetico ( nel senso proprio di pathos) è l'Amleto, l'uomo sospeso tra la vita e la morte, targato Filippo Timi e Stefania de Santis, già Premio Ubu nel 2005. Genio e follia, genio e sregolatezza.
Visto il 28-02-2010
al Animosi di Carrara (MS)