Tramite una video proiezione, prima che il vero spettacolo cominci, viene mostrata al pubblico una carrellata di immagini, per ricordare le situazioni e le figure principali che caratterizzarono il periodo del Maccartismo in America; proprio quello in cui trova ambientazione la storia de Il Prestanome di Walter Bernstein.
Se nel film del 1976, diretto da Martin Ritt, il protagonista era interpretato da Woody Allen, non sorprende vedere come, in questa trasposizione teatrale in scena al Teatro Dell’Angelo di Roma dal 23 febbraio 2012, Antonello Avallone calzi perfettamente i panni di un personaggio a cui conferisce, sì, sfumature nuove e veridicità ma che richiama inevitabilmente anche l’attore americano ed il suo tipico stile interpretativo, con il quale Avallone, nella sua carriera, sì è più volte confrontato con successo.
Anche l’impostazione scenica ha richiami cinematografici: il regista sfrutta 4 diversi piani per lo svolgimento dell’azione, i quali, arricchiti da elementi scenografici, suggeriscono altrettante ambientazioni e vengono “puntati” di volta in volta con luci ad occhio di bue, mentre il resto del palco è nell’oscurità. Nel passaggio da una scena all’altra, si rende l’idea dell’evolversi delle situazioni con brevi “riassunti” mimati, accompagnati dalla musica swing anni ’50. Un lavoro di trasposizione dal grande schermo alla rappresentazione dal vivo che, del resto, Avallone aveva già sperimentato con “In nome del Papa re” e “Nell’anno del Signore”, ottenendo sullo stesso palco ottimi riscontri.
Il cast di sei interpreti dà vita ai personaggi che ruotano attorno al protagonista Howard Prince; tra gli altri, Patrizia Ciabatta nel ruolo di Florence, messa alla prova in una parte molto distante da quelle “fuori dagli schemi” nelle quali l’attrice si è spesso cimentata in passato - in questa e in altre compagnie teatrali – riesce a conferire tante sfaccettature al suo personaggio: sulle prime, apparentemente ritroso e dolce, con la sua risata soave e cristallina, è in netta contrapposizione con quello di Prince, intraprendente, audace e chiacchierone; in seguito, molto più determinata e decisa a portare avanti le proprie idee pur rischiando la carriera in nome dei suoi principi, ottiene l’effetto di risvegliare persino la coscienza del compagno Howard.
Lo spettacolo alterna momenti di ilarità, creati dall’assoluta impreparazione di Richard Prince in materia di sceneggiature e dai suoi pietosi tentativi di rispondere, il più vago possibile, alle richieste dei produttori televisivi, a momenti di profondità e dramma, che vedono protagonista principalmente Enzo Garinei nei panni di Hecky Brown, uno dei molti attori sospettati per attività sovversive in seguito alle indagini della House Committee on Un-American Activities, il quale, scritto nelle liste nere, perde ogni possibilità di continuare il suo lavoro. Alternanza, questa, enfatizzata nel primo caso dai personaggi in continuo movimento e dal ritmo frenetico, in contrasto con la lentezza ed i toni pacati delle altre scene.