Comico
IL PROFUMO DELLE LUCCIOLE

Prima ancora che il sipario s…

Prima ancora che il sipario s…
Prima ancora che il sipario si apra Paolo Villaggio parla rivolto a quello coi baffi, il proprietario del Parioli, facendo caustici commenti sullo spettacolo che il pubblico sta per vedere (una truffa). Poi, a sipario aperto, Paolo si accorge che il microfono era acceso e chiede scusa ai suoi spettatori. Gioca con loro, scherza coi ritardatari che arrivano a spettacolo iniziato (Non avete perso niente!, ma a che ora iniziava lo spettacolo?). Seduto su di una semplice sedia, con due telecamere puntate su di sé che rimandano la sua immagine amplificata su uno schermo alle sue spalle, indossando una elegante giacca rosa, sotto la quale veste una sorta di caftano, Paolo Villaggio si presenta così al pubblico romano per questa sua ultima fatica teatrale, Il profumo delle lucciole nella quale ripercorre alcuni momenti della sua vita e della sua carriera. Villaggio racconta della sua infanzia, fatta di timidezza (una malattia), dell'amicizia con De Andrè, dei loro goffi tentativi di dichiararsi alle ragazze, fino ad emozionarsi mentre ricorda una sera d'estate, quando il profumo dei Pitosfori lo inebriava, mentre lui, già stordito dal desiderio per una ragazzina di 14 anni, le regalò delle lucciole e alla luce di quegli insetti si accorse che il suo viso era pieno di efelidi, per aggiungere poi con pacatezza che quella ragazzina sarebbe diventata sua moglie... Villaggio inanella così i suoi racconti, i suoi ricordi, scherzando sul sentimentalismo che deve fingere col suo pubblico per esigenze di spettacolo, al quale pretende di non credere, mostrando delle fotografie che lo ritraggono amico di Gassman, Tognazzi e altri grandi (per due anni tutti i sabati ho giocato a pallone con Pasolini; non mi ha mai rivolto la parola), rammaricandosi di aver trascurato il padre, troppo preso dal successo cinematografico dei suoi film (dei quali ci mostra due piccole sequenze) mentre il pubblico applaude e lui chiede di tenere gli applausi per la fine, quando ce ne andremo tutti a casa. Se siamo abituati al Villaggio caustico, ironico, per niente incline al ricordo poetico, dei suoi libri o delle sue apparizioni televisive, questo spettacolo ci mostra un Villaggio inedito quello che sa fare della vera poesia ricordando l'ebrezza della libertà alla fine della seconda guerra mondiale, quando i suoi genitori di bianco vestiti andarono a ballare, senza rinunciare a fare (auto)critica come militante di sinistra (e mentre descrive la casa dell'ambasciatore italiano in Spagna, quando racconta di una sera trascorsa con un Gassman ubriaco, nota, en passant un tavolino colmo di foto del papa e di Franco) irridendo a certo snobismo intellettuale, alle visioni dei capolavori della cinematografia russa (illuminando in maniera inedita il racconto de La madre già descritta nel Secondo tragico Fantozzi (il libro prima ancora del film) senza mai fare politica, ma rileggendo i propri trascorsi privati con la scelta politica della sincerità e dell'onestà intellettuale, della critica senza colpe o moralismi catto-comunisti, sincerità di cui fa ampio omaggio al suo pubblico come gesto di cortesia. Villaggio parla del teatro, del pubblico di abbonati, che sono gli unici a permettere al teatro di finanziarsi, e sorprende chi è venuto a vederlo credendo di assistere allo spettacolo di un grande attore (e un grande scrittore, provate a leggere le sottili e colte pagine del suo ultimo libro Storia della libertà di pensiero) e si trova di fronte anche a un grande uomo che sa tenere scena da solo per un'ora e mezzo, senza alcun ausilio tecnico, mantenendo la spontaneità di chi sembra non seguire un testo predefinito e sa come intrattenere il pubblico, come commuoverlo e farlo ridere. E quando arriva il momento di fare quell'applauso tante volte rimandato (ma il pubblico mica gli ha sempre obbedito...) dispiace che il sipario si chiuda e si ha l'irresistibile desiderio di tornare a vedere lo spettacolo, sicuri che Villaggio saprà emozionare, commuovere e divertire ancora, perchè gli uomini sinceri non annoiano e di ascoltare Villaggio non ci si stanca mai. Roma, Teatro Parioli dal 24 Febbraio al 15 Marzo 2009
Visto il
al Verdi di Sassari (SS)