"Registro dei Peccati", nuovo recital sul khassidismo che ha condotto lo spettatore verso un mondo straordinario. Moni Salomone Ovadia, come il nome arabo Suleiman Abdallah, significa "portatore di pace e servo di Dio". Davvero un bell'impegno messo in ogni lavoro che Moni Ovadia porta in giro per il mondo, per far conoscere a tutti una filosofia di vita antichissima, attraverso strumenti altrettanto antichi: la preghiera, il canto, la narrazione e l'umorismo. Con voce profonda e appassionata, Ovadia canta e riflette alla luce della cultura e del tradizionale umorismo ebraico. Ebreo di origine bulgara, non ortodosso, di formazione marxista, con un'identità nomade, ci racconta il ridere ebraico, che affonda le sue radici lontano, nelle origini della Sacra Scrittura, già nell’Annunciazione biblica dell'arcangelo ad Abramo ultracentenario. Abramo ride, e Sara ride anche lei. Hzkak (Isacco) significa "colui che ride". Il figlio del grande "traghettatore", il quale darà discendenza alla stirpe di Israele, ha il riso nel nome, e il nome salda l'anima al corpo dell'essere umano. Ecco una spiegazione della centralità del ridere nel pensiero ebraico. Moni Ovadia attualizza l'umorismo degli ebrei che dalla Torah e dal Talmud, coi maestri del Khassidismo, scende nel letz e nel badkhen, mitici giullari e buffoni del mondo ebraico creatori del witz, gioco filosofico che irride le contraddizioni dell'esistenza attraverso l’autodelazione, spiazza la violenza e sgretola il pregiudizio. “Il registro dei peccati” è un viaggio nella cultura yiddish e nel khassidismo di “un nomade teatrante”, è un recital in cui l’artista conduce lo spettatore verso un mondo straordinario avulso dal paesaggio umano ma profondamente e spiritualmente immerso in esso. Il khassidismo è la celebrazione della fragilità umana e della sua bellezza, nell’ode alla maestà divina. Sul palco Ovadia porta la spritualità della diaspora ebraica, coloratissima del fervore estatico e quotidiano: il khassidismo, germinato sul crinale di un crocevia dove il pensiero spirituale più estremo e abissale si coniuga con la semplicità profonda di una pietas irrinunciabile. Il teologo Teillard de Chardin ha scritto: “noi siamo esseri spirituali che fanno un’esperienza materiale”. Gli ebrei del khassidismo, come forse nessun altro nella terra d’Europa, hanno letteralmente incarnato nel loro modo di vivere, concreto e mistico, la straordinaria intuizione del grande teologo francese. Incontrare quel mondo anche solo nel riverbero delle sue iridescenze, percepire i profumi della sua anima e ascoltarne la voce è l’esperienza indimenticabile che Moni Ovadia ha offerto al suo pubblico.
Visto il
11-12-2009
al
Palazzo Minerva
di Minerbio
(BO)