De ”Il regno della luna”, libretto anonimo ed intonazione di Nicolò Piccinni, s'erano persa traccia dopo l'apparizione al Teatro Ducale di Milano nel 1770, ma ora che l'ha riportato in vita Opera Giovani, Progetto di ricerca del Teatro La Fenice, scopriamo che nulla ha da spartire con Il mondo della luna del team Goldoni/Galuppi, lavoro ben più noto.
Diversa infatti la “tela”: tre terrestri – il dottissimo ma pedante Stellante, il commerciante Mercione ed il soldato Spaccone - raggiungono con le sorelle Frasia e Lesbina, grazie ad una miracolosa barca volante, il Regno della Luna. Qui impera l'energica Astolfina, figlia di Astolfo, e comandano solo le donne. Agli uomini, viceversa, tocca sottostare ed ubbidire. Inutile ogni loro tentativo di sedurre la bella regina e conquistarsi un trono; alla fine ai tre non resta che riprendere il viaggio verso altri pianeti. Senza Frasia e Lesbina, però, che sulla Luna si trovano benissimo.
Dopo due secoli e mezzo, battute ancora attuali
Se la musica di Piccinni non esce dagli standards consueti (poca l'inventiva, molto il mestiere) il libretto si palesa piccante e salace, e per certi versi curiosamente attuale. Tanto da suggerire al regista Davide Garattini Raimondi aperti richiami gli anni 60-'70 del secolo passato - epoca di rivolgimenti d'ogni genere – nei quali la Luna fu effettivamente raggiunta dall'Apollo 11.
Ed ecco quindi proiettate sullo sfondo, in grandi riquadri, le immagini della missione NASA, mischiate con repertori d'epoca: alle parole di Spaccone la Guerra del Vietnam e le proteste dei Figli dei Fiori, a quelle di Stellante le schermate dei primi computer. E poi vai con i Beatles, Margaret Thatcher, i Pink Floyd, con spezzoni di film allora popolari: le maliziose seduzioni di Edvige Fenech, le scazzottate di Bud Spencer e Terence Hill. Tutto calato all'interno di un ambiente astratto - idealmente a mezzo tra Barbarella, Guerre Stellari e Star Trek - realizzato dallo scenografo Paolo Vitale con i costumi di Giada Masi.
Direttore esperto, giovanissimi talenti
Giovanni Battista Rigon è revisore con Franco Rossi della partitura. Inappuntabile concertatore e direttore, l'ha saputa rivitalizzare dall'interno offrendone una briosa visione. Ed a sorpresa, qualche spiritoso ammiccamento, inserendo nel cembalo frammenti melodici di Alan Sorrenti, Renato Zero, Lucio Battisti. Certo, ha dovuto sacrificare molte pagine per portarla a dimensioni contenute. E ridurre pure i recitativi, modificandoli da accompagnati a secchi per adattarli alle limitate risorse di degli allievi del Conservatorio “B. Marcello” di Venezia, che ha fornito anche il coro e l'orchestra. Non è stato compito agevole sostenere al meglio i loro incerti esordi vocali, ma qui interviene la passione e l'esperienza. E la pazienza.
A conti fatti, solo al soprano Dahee Min (Astolfina) sono toccate due arie di una qualche valenza virtuosistica, mentre agli altri (Jie Bao, Astolfo; Zheng Zhang, Stellante; Fang Guo, Spaccone; Jae Hun Jeong, Mercione;Ying Quan,Lesbina; Sara Fagagnolo, Frasia) competevano colorate arie di carattere.
Spettacolo:“Il regno della luna”
Visto al Teatro Malibran di Venezia