Passione, morte, nostalgia di patria nel “Casanova” di Federico Tiezzi

Il ritorno di Casanova
Il ritorno di Casanova © Irene Trancossi

Il ritorno di Casanova, breve romanzo di Arthur Schnitzler, il magico cantore della Vienna al crepuscolo dell'impero asburgico, apparve nel 1918. Giusto un secolo fa. La base è un incalzante soliloquio interiore dell'avventuriero e scrittore veneziano; e la trama, sebbene del tutto inventata, potrebbe benissimo uscire dalle sue Memorie, tanto vividamente spiccano il personaggio, le sue riflessioni, lo sfondo d'un Settecento in declino. E con le sue amare digressioni sulla vita, sulla vecchiaia e sull'incombenza della morte, si pone tra i lavori più intensi dello scrittore austriaco.

Una vita sempre di corsa

Giacomo Casanova ha passato i cinquant'anni, stanco di vagare in esilio per mezza Europa trascorre i giorni in una locanda di Mantova; i suoi modesti mezzi non gli permettono altro. Appare inquieto per l'incedere degli anni, avvilito per il disfacimento fisico; e in più soffre la nostalgia della sua Venezia, abbandonata ormai da tanti anni. Incontra l'antico amico Olivo, nella cui casa di campagna conosce la giovanissima Marcolina. Se ne invaghisce, ma lei gelida resiste alle sue lusinghe preferendogli l'aitante sottotenente Lorenzi.

E lui, indebitato sino al collo, pur d'averla tra le sue braccia cede all'ufficiale i 2000 ducati appena vinti al gioco; in cambio, complice il buio della notte, lo sostituirà nel letto della sua amante. Al risveglio, il disgusto della ragazza riporta il cinico libertino all'amara realtà: non è più il piacente uomo d'un tempo. E il geloso Lorenzi – in cui Giacomo rivede sé stesso da giovane - trova pure il modo di farsi ammazzare in duello. Il racconto si chiude sull'improvviso ritorno a casa, dato che finalmente gli è giunto il perdono di Venezia.



Dal racconto alla scena

Dal lavoro di Schnitzler Federico Tiezzi ha tratto con molta perizia una snella riduzione teatrale, arricchendola con una regia densa ed umorale. A dar valore al tutto ecco poi l'istrionica presenza scenica di Sandro Lombardi, che nel suo lungo monologo tratteggia un individuo declinante forse nel corpo – lo rivelano l'apprensione emotiva, il compulsivo riguardarsi nello specchio - ma non certo nello spirito: caustico, pungente, logorroico. Sempre imprevedibile, e sempre pronto alla battaglia.

Il suo memorabile Casanova è un fiume in piena di parole e di taglienti giudizi, sorretto da una recitazione magnetica, con una febbrile gestualità ed un gioco di sguardi che affascinano lo spettatore. Accanto, ma solo per un brevissimo spazio, troviamo Alessandro Marini, nei panni di Lorenzi. Dietro di loro la musica dal vivo – brevi interventi sonori a spezzare il racconto – eseguiti da Dagmar Bathmann (cello), e Omar Cecchi e Niccolò Chisci (vibrafono e percussioni).


Spettacolo: Il ritorno di Casanova
Visto al Cantiere d'arte di Montepulciano.