Eugenio (Roberto Alpi) gestisce un’agenzia di viaggi ed è sposato con Norma (Isabel Russinova), ma intrattiene due relazioni extraconiugali: la prima con Wilma (Laura Lattuada), la seconda con Alina (Agnese Nano), segretaria dell’agenzia.
Con ciascuna di loro, utilizza uno dei suoi tre nomi di battesimo (Eugenio, Filippo, Elio) e promettendo a ognuna amore sincero e viaggi lontani, con smodato cinismo fa in modo che le tre donne si incontrino in un caffè, imbastendo un gioco di equivoci e situazioni tragicomiche. Tutto questo per divertirsi nel vederle parlare assieme, inconsapevoli, dello stesso uomo.
L’amore è solo uno
Tre donne e tre modi di vivere una relazione sentimentale totalmente differenti. Norma è alla ricerca di un amore fedele, ma il suo rapporto con Eugenio si sta gradualmente logorando anche a causa della morte del figlioletto della coppia; Wilma è impegnata in una guerra costante e radicale con “il seduttore”, fatta di passione e sensualità; infine Alina, proiettata in un gioco di emozioni eccitante e leggero.Il Seduttore le manovra alla disperata ricerca di una identità che solo le tre donne possono conferirgli: l’infanzia stroncata del suo unico figlio rivive in lui nell’infantile illusione che “l’amore è solo uno”, per cui, secondo il protagonista le tre donne possano diventare amiche e condividere l’amore che provano per lui.
L’arte (tutta italiana) della seduzione
L’atteggiamento infantile, malinconico e crudele del protagonista, che inganna e seduce le sue donne, preferendo molto di più le parole ai fatti, viene restituita sul palcoscenico da Roberto Alpi attraverso un’interpretazione davvero eloquente.
L’attore si destreggia con elegante (quasi innocente) disinvoltura in una girandola di scene a incastro, come in una giostra che gira vorticosamente su se stessa. Tale effetto è prodotto anche visivamente dal girevole pensato dallo scenografo Davide Amidei, che di volta in volta, svela gli spazi d’incontro tra Eugenio e le sue donne, tutti caratterizzati dalla presenza di pareti colorate con tinte pastello.
Le tre interpreti femminili danno vita ad altrettante donne che, costantemente in bilico tra debolezze e volontà di affermazione, sanno tenere testa al protagonista, fino al tragico e imprevisto epilogo.
Il testo di Diego Fabbri è implicitamente intriso di una certa amarezza e la regia di Alessio Pizzech intende rendere omaggio all’arte della seduzione e del tradimento, attingendo alle ipocrisie e alle amare verità dell’Italia Anni Cinquanta, ben rappresentata dalle musiche che accompagnano lo spettacolo: una su tutte, Bambina innamorata, di Alberto Rabagliati.