Spettacolo insolito al teatro Manhattan. Insolito a cominciare dalla presentazione che il suo autore/regista ha sentito il bisogno di fare agli spettatori prima dell'inizio. Invece di distribuire delle note di regia (si sa, non tutti gli spettatori le leggono), Riccardo Mazzoni è salito sul palco del piccolo teatro romano e ci ha ragguagliato in pochi istanti su un'epoca, la Francia (e il Belgio) dei primi decenni del secolo scorso, su un movimento letterario tra i più peculiari, su un grande amore finito male tra Robert Desnos (uno dei più grandi esponenti del surrealismo) e la cantante belga Yvonne George, antesignana di Edith Piaf, Juliette Greco e Barbara.
Yvonne, la diva, non corrisponde i sentimenti di Desnos, il quale scrive per lei alcune delle sue poesie più belle, e racconta segnando in un diario, le visite che lei gli fa la notte, presenza fantasmatica dei suoi dormiveglia, che lui giura essere presenza concreta, proiezione astrale del corpo dell'amata, tramite la quale prende forma l'amore che prova per lei. Una storia fatta anche di alcool e di oppio, come vuole il cliché, purtroppo dannatamente concreto: Yvonne, minata nel fisico dai troppi vizi, muore di tisi a soli 33 anni in un albergo di Genova. Anche Desnos morirà prematuramente internato in un campo di concentramento nazista come esponente di spicco della resistenza francese.
Forte di questa cornice storica lo spettatore può meglio orientarsi tra le coordinate su cui lo spettacolo si snoda: le poesie di Desnos per Yvonne, recitate dal punto di vista della cantante, per cui la famosa Ho tanto sognato di te che tu perdi la tua realtà diventa Hai tanto sognato di me che io perdo la mia realtà; il racconto di Yvonne della sua vita tra trascorsi personali e la frequentazione col innamorato per il quale diviene più di una musa. Intanto le canzoni di Yvonne (originali, ne registrò una ventina tratte da un repertorio di 200, durante lo spettacolo ne scoltiamo qualcuna) fungono da sipario tra un momento e l'altro della messiscnea, tra una poesia e la rievocazione di una serata trascorsa insieme a cocteau, Desnos, o a cantare all'Olimpia.
Mazzoni sa restituire l'atmosfera di un periodo, le peculiarità stilistiche (culturali) di un movimento letterario, l'emozione di un amore, anche se non corrisposto, con una scrittura elegante ed efficace. Il capovolgimento di prospettiva delle poesie rimanda allo spettatore il punto di vista di Desnos, per cui nonostante lo spettacolo sia dedicato a Yvonne George Desnos aleggia sulla scena, veste e spoglia (figuratamente) Yvonne, mentre i suoi occhi diventano quelli degli spettatori che guardano lei. O, meglio, che guardano la sua incarnazione in Rebecca Palagi, sua versione in carne e sangue, che rende credibile persino il fantasma che va a visitare Desnos la notte.
Palagi che si dona completamente al personaggio, assumendone il sembiante (sembra uscita da una foto di Man Ray) un po' Vamp un po' angelo, e declamando i versi di Desnos restituendone la verità. Ammantata della stessa sensualità con la quale Yvonne aveva ammaliato Desnos, Rebecca ammalia lo spettatore che, già dopo pochi minuti di spettacolo, pende dalle sue labbra.
Nonostante non sia affatto coadiuvata dalle luci che, tranne nella scena in cui Yvonne prende l'oppio con Desnos, illuminano il palco per intiero senza alcun cambiamento (lo spettacolo nasce per essere allestito in una stanza senza parco luci...) Rebecca Pelagi riesce ad evocare intorno a sé profili di persone e cose semplicemente con l'intensità della recitazione come quando racconta di una stella marina (che Desnos aveva scelto come simbolo per l'amata) che viene contesa da diversi personaggi e che invade l'intera città di Parigi riempiendone le strade. O come quando rende palpabile il dolore dello stupro che, vogliono alcune fonti, Yvonne abbia subito durante la grande guerra.
Coi suoi movimenti del corpo, ora nervosi, ora soavi, Rebecca recita senza stare mai ferma, e quando riposa, lo fa sempre in pose scomode per la recitazione o la declamazione dei versi (prona, di fianco, la regia di Mazzoni non le dà mai tregua) restituendo la grandezza della cantante con la perizia della sua recitazione. Fino alla morte, in quel di Genova, avvenuta per consunzione. E quando Rebecca a fine spettacolo recita nuovamente la poesia con la quale aveva cominciato Yvonne torna in quel mondo dal quale veniva in sogno a Desnos e dal quale è apparsa sul palcoscenico. Fino al prossimo spettacolo, alla prossima canzone, alla prossima morte. Ma solo fino a domenica 24. Almeno a Roma.
Prosa
IL SEGRETO DELLA STELLA
Un <i>segreto</i> elegante
Visto il
21-10-2010
al
Manhattan
di Roma
(RM)