Prosa
IL SENTIERO DEI PASSI PERICOLOSI

Un pericoloso sentiero di ricordi

Un pericoloso sentiero di ricordi

Un’atmosfera onirica e d’altri tempi. Tre personaggi che osservano l’incessante e “sostenuto” (anche dalla musica) tragitto di una macchinina su una pista elettrica.
Sembrerebbe un’ambientazione casalinga, invece i tre protagonisti sono tre fratelli in un bosco. Dopo un breve dialogo fra due di loro, il pubblico comprende che si trovano in un bosco e hanno avuto un incidente, mentre stavano compiendo una deviazione verso un capanno da pesca, nel giorno del matrimonio del più giovane fra i tre: Carl (Matteo Sintucci), che svolge un lavoro che non è quello per cui ha studiato e, quindi, non si sente pienamente realizzato, ma conserva, nel profondo del suo cuore, mentalità e aspirazioni piccoli borghesi. Poi c’è Ambroise (mauro Parrinello), gallerista omosessuale, pieno di sensi di colpa per essere sempre stato il più assente dalla famiglia, ma anche il tipo esempio di colui che versa la propria frustrazione sugli altri. E infine Victor (Andrea Fazzari), il maggiore e, soprattutto, il più misterioso.
Si ritrovano in questo “limbo” ad aspettare i soccorsi. La situazione li costringe a un dialogo, a volte più nostalgico, spesso pieno di livore, ma comunque “forzato”, che fa riemergere con accanito fervore un tragico episodio del loro passato legato alla figura paterna e alle non-inclinazioni di quest’uomo, che come “pochi e soli beni” aveva le sue poesie e i suoi tre figli.

Il testo è una drammaturgia originale scritta dal canadese Michel Marc Bouchard. La regia di Simone Schinocca mette in luce la dimensione onirica che s’insinua nella realtà, come unica occasione di confronto per tre uomini cresciuti nella stessa famiglia, ma con universi interiori e approcci esistenziali che sembrano inconciliabili. L’assenza di dialogo, fino al riemergere di tutto il “non-detto”, rappresenta la loro condanna definitiva.
Ciascuno dei personaggi racchiude in sé un universo interiore che i tre attori riescono a rendere ciascuno al meglio: per Carl (Matteo Sintucci) è l’assoluta veemenza – unità all’ottusità delle proprie convinzioni – attraverso le quali vuole distinguersi dai fratelli e “riscattarsi” dal proprio passato per avere un (modesto) motivo di speranza nel futuro; per Ambroise (Mauro Parrinello) è la speculare lucidità (in particolare rispetto a Carl) del proprio stile di vita, nel tentativo di estraniarsi da un mondo a cui non vuole appartenere, al quale però il rapporto con entrambi i fratelli lo riavvicina, anche con una certa tenerezza, che non fatica ad esprimere; nel caso di Victor (Andrea Fazzari) è lo “status” di fratello maggiore, che lo porta naturalmente a mettersi (anche provocatoriamente) da parte, circondandosi di mistero.
I costumi di Agostino Porchietto – che certamente non richiamano il tradizionale look di chi deve partecipare a una cerimonia nuziale – alimentano la chiave interpretativa onirica della pièce, mentre la scenografia di Sara Brigatti – comunque evocativa – richiama un passato forse ancora più reale.
L’elemento dirompente – a tratti fastidioso – che in effetti sottolinea il labile confine tra questo non luogo e la troppo a lungo negata realtà è l’utilizzo degli effetti audio.
Uno spettacolo dove la tensione mantiene livelli realistici che, potenzialmente, potrebbero anche aumentare, ma comunque coinvolgente fino alla fine.

Visto il 06-11-2016
al bellARTE di Torino (TO)