Eduardo scrisse “Il Sindaco del Rione Sanità” nel 1960. Oggi, a distanza di più di quarant’anni, la commedia sembra ambientata in un mondo lontanissimo, dove i camorristi si appellavano a leggi come l’onore, dove ci si sparava e si restava amici, dove un uomo armato non poteva sparare a uno disarmato. Ma una camorra del genere, in realtà, non è mai esistita: Eduardo aveva creato un personaggio che apparteneva già al mito, quello stesso mito che resiste ancora oggi e che ancora fa parlare di una certa camorra “etica” che non ammazzerebbe donne e bambini.
Qual è allora, oggi, l’interesse del “Sindaco del Rione Sanità”?
La risposta ce la offre Carlo Giuffrè, regista di questo allestimento affascinante ma diseguale, con un primo atto molto bello e un secondo un po’ troppo frettoloso. Lo spettacolo si avvale di un affiatato cast guidato dallo stesso Giuffrè, a dir vero non molto convincente nel ruolo di un Antonio Barracano un po’ troppo benevolo, e delle scene di Aldo Terlizzi, che nel primo atto disegnano un grande cortile interno pieno di vani attraversati da continui tagli di luce che diventa via via sempre più rossa e cupa.
Giuffrè propone un’intelligente lettura dell’opera che, introducendo alcuni elementi di novità rispetto al testo originale, ne sottolinea la distanza dalla nostra epoca, ma anche il suo valore di “Parla ‘nfaccia”, ovvero di specchio, per usare le parole del protagonista. L’Antonio Barracano di Giuffrè non è più quello di Eduardo, un sognatore alla ricerca di “un mondo meno tondo e più quadrato”; è invece un uomo disperatamente solo, circondato dall’affetto un po’ meccanico della sua famiglia, ma incapace di vedere che il mondo dove credeva di vivere non esiste più.
Molto indicativa di questa trasformazione della società, che è anche uno scarto generazionale, mi pare una piccola azione che Giuffrè ha introdotto nel primo atto, al momento in cui Barracano schiaffeggia un giovane per aver sparato al suo amico senza avergli chiesto prima il permesso: mentre nel testo di Eduardo il ragazzo, uscendo, sembra capire di aver sbagliato, lasciando sperare che un cambiamento sia ancora possibile, in questo spettacolo invece punta la pistola alle spalle di Barracano e non spara solo perché fermato dall’intervento dell’amico.
Eccola qua la nostra camorra, eccoli qua i giovani che conosciamo, senza onore, senza rispetto, capaci per uno schiaffo di sparare a un vecchio alle spalle. Davanti a questa gente l’appello finale che il medico “Della Ragione”, amico di Barracano, rivolge agli altri personaggi e per primo a se stesso invitandoli a cambiare e a inseguire la verità, appello in cui tanto credeva Eduardo, adesso non può che concludersi in una desolata sconfitta.
Intanto, fuori scena, rimbomba un colpo di pistola.
Teatro Gesualdo, Avellino.
18 novembre 2007
Visto il
al
Delle Arti
di Salerno
(SA)