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IL SINDACO DEL RIONE SANITà

Macerata, teatro Lauro Rossi,…

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Macerata, teatro Lauro Rossi, “Il sindaco del rione Sanità” di Eduardo De Filippo LA SPERANZA DI UN MONDO MIGLIORE Antonio Barracano non è un “sindaco” dal punto di vista politico e amministrativo, ma di fatto è il punto di riferimento, nel popolare rione Sanità, per varia umanità, l'autorità assoluta riconosciuta un po' da tutti a cui i meno abbienti si rivolgono per risolvere ogni genere di problemi, da una cambiale con interessi usurari a un intervento d'urgenza per estrarre un proiettile da una gamba, da una conciliazione a dissapori familiari, anche per non ricorrere ai tribunali, dove i poveri, per ignoranza, povertà e per non “avere santi in paradiso” non possono ottenere soddisfazione, di fronte a testimoni falsi e bustarelle. Don Antonio è stimato e temuto ed è sempre dalla parte dei più deboli, “tiene il cuore grande come una casa, ma lui la legge la vede in modo suo”. Scritta nel 1960 e considerata da molti, tra cui Andrea Camilleri, il capolavoro di Eduardo, questa commedia amara, senza lieto fine, è ambientata in un'unica giornata ed incentrata sulla figura di un uomo che si è fatto da sé in America (non si sa esattamente come) e che, una volta tornato a Napoli, ha saputo lavorare ed investire, soprattutto corrompere (“col denaro si compra tutto”), creando un piccolo impero immobiliare che consente un certo agio a lui ed alla sua famiglia allargata. Don Antonio è persona equilibrata, dispensa saggezza e impone codici comportamentali con un suo senso della legge e del rispetto (“le certezze le hanno solo i cretini e i presuntuosi”). Il suo comportamento è improntato alla speranza di contribuire alla costruzione di un mondo migliore, o, come egli dice, “un mondo più migliore”. La sua morale è sdoppiata, quella privata è integerrima, inattaccabile (e per questo si è guadagnato il rispetto del rione), tanto che arriva a sacrificarsi con la vita per una buona causa; quella pubblica è discutibile, ricorrendo a espedienti intimidatori e quasi camorristici (forse anche per questo si è guadagnato il rispetto del rione). Carlo Giuffrè, anche regista, è un interprete straordinario, carismatico, perfetto; la recitazione è curata, quasi fermo con minimi gesti assai significativi, coadiuvato da uno stuolo di comprimari affiatati e bravissimi. Molto bella la scena di Aldo Terlizzi (suoi anche i costumi appropriati) che ambienta la commedia nella casa di campagna e poi nell'appartamento di città, descritti in ogni particolare e con un uso delle luci sapientissimo. La messinscena è tradizionale, di consolidato mestiere, un teatro che unisce più generazioni e affascina gli spettatori. La prima parte riunisce i primi due atti, dove l'azione è incalzante, divertente ed amara, oltre due ore che passano in un attimo. Memorabile l'inizio, con la cucina trasformata in pronto soccorso; memorabile la lunga scena della vestizione di Antonio, un vero rituale a cui partecipano la domestica e i figli. La seconda parte, invece, ha alcuni tagli e dura solo 45 minuti ma ha un calo nella tensione e nella vicenda drammaturgica; soprattutto convince meno la decisione di Barracano di far uccidere Santaniello padre (colpevole di avere rifiutato l'ingerenza del sindaco nelle sue faccende private) da due sicari abbigliati in modo scontato che non si sa da dove siano spuntati. Struggente l'assolo di violoncello finale. Poco originale la poltrona, vuota, di don Antonio colpita da un raggio di luce nel buio su cui si chiude il sipario. Teatro esaurito, pubblico divertito, molti applausi durante e alla fine. Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 19 novembre 2008 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Delle Arti di Salerno (SA)