Ancona, teatro delle Muse, “Il sogno del Principe di Salina: l’ultimo Gattopardo” di Andrea Battistini
IL GATTOPARDO
Il confronto con il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e con il film di Luchino Visconti (complicato da una storia di diritti d’autore che ha portato ad alcuni cambiamenti, tra cui il titolo) era arduo. Il romanzo è un capolavoro senza tempo, una pietra miliare della letteratura universale, in cui molte cose non sono dette chiaramente ma solo accennate e in questa sua grandissima capacità evocativa sta la forza comunicativa e sentimentale, oltre a quel senso di malinconica poeticità che non è decadentismo se non dell’anima.
Andrea Battistini crea un personaggio che si guarda dentro l’anima e allarga il ragionamento alla sua epoca ed alla storia, proponendo una grande riflessione etica e politica, di valore eterno ed universale e che però si perde nelle pieghe della narrativa, lasciando emergere una parabola umana interessante e a tratti divertente, ma non di valore assoluto o universale. Il suo Principe esamina la situazione culturale e politica dell’Italia postunitaria e non crede che il progresso storico possa portare a un rinnovamento, per colpa degli uomini, o meglio della loro mancanza di onestà e della loro capacità di crederci. Questa crisi di fiducia è assolutamente attuale, per cui non erano necessarie operazioni di attualizzazione verbale o frasistica (“mi dispiace che fra voi non abbia funzionato”) che strappa qualche risata alla platea ma appiattisce il tono di una scrittura teatrale che ha momenti più alti. Il primo atto è ben congegnato e diretto, un meccanismo di scene successive legate le une alle altre che ha il merito della sintesi e della scorrevolezza. Invece il secondo atto, affidato a monologhi molto lunghi del protagonista, è rallentato, non riuscendo Luca Barbareschi (invece fisicamente perfetto per il ruolo) a imprimere la necessaria tensione drammatica. Barbareschi dipinge un personaggio molto solo, imprigionato in una immobilità voluttuosa, anticlericale e rivoluzionario, soprattutto arrabbiato con la storia ed il presente che hanno sempre negato alla Sicilia un altro ruolo se non quello di terra di conquista. Tutti bravissimi i numerosi comprimari: Bianca Guaccero (incredibilmente somigliante alla giovane Claudia Cardinale), Manuela Maletta, Alfredo Angelici, Totò Onnis, Guglielmo Guidi, Alessandra Schiavoni, Emiliano Iovine, Alessandro Buggiani, Alessandro Scavone, Giorgia Di Giovanni, Natalia Lungu, Dajana Riccione.
Lo spettacolo ha un apparato scenotecnico notevolissimo e splendido. Impressionante e suggestiva la scenografia di Carmelo Giammello, che ricostruisce l’interno di una casa non necessariamente legata a una precisa connotazione geografica, mentre la dimensione temporale è spezzata da linee sghembe ed elementi più vicini all’oggi. Scena bellissima, una delle creazioni migliori di Giammello. Contribuiscono all’ottimo risultato i costumi di Andrea Viotti, dalle stoffe preziose e dai dettagli curatissimi (diversi momenti sembrano essere presi da immagini dei macchiaioli, Silvestro Lega soprattutto, senza tuttavia dare l’idea della citazione) e le luci perfette, dorate, autunnali di Pietro Sperduti.
Merito al giovane Andrea Battistini, che nel ruolo del regista dimostra grandissima capacità di muovere gli attori e di sottolineare con i gesti la dimensione affettiva dei personaggi e rivelare il riverbero della loro tumultuosa sentimentalità.
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto ad Ancona, teatro delle Muse, il 28 settembre 2006
Visto il
al
Fraschini
di Pavia
(PV)