La difficoltà di allestire oggi una commedia ateniese del 400 a.C. sta soprattutto nelle differenze sociali e storiche che legavano il pubblico di allora al teatro e alle sue pratiche di fruizione, ben differenti da quelle, brutalmente semplificando, borghesi e di intrattenimento dl teatro contemporaneo.
Lisistrata, scritta da Aristofane nel 411 a.C. parla di una guerra che il pubblico di allora conosceva bene, quella guerra del Peloponneso ancora in atto quando la commedia va in scena, e fa riferimento a precise pratiche sociali della città di Atene.
Agli occhi nostri di spettatori moderni rimane solo il divertimento dell'idea dello sciopero del sesso col quale Lisistrata vuole indurre gli uomini greci a desistere dalla guerra e firmare la pace. Da questo punto di vista la commedia affronta dei topoi di immediata riconoscibilità: l'astinenza sessuale che crea nei maschi un priapismo evidente, di sicuro effetto comico, una brama disperata dei soldati che, in astinenza, parlano per continua doppi sensi sessuali. Anche nel campo femminile mentre Lisistrata riesce a resistere fino in fondo all'astinenza le altre donne adducono le scuse più fantasiose per tornare a casa (hanno tutte occupato l'Acropoli) a soddisfare un desiderio sessuale che sentono prepotentemente quanto i loro mariti.
Come mantenere lo spirito della commedia senza appiattirla su questi suoi aspetti comici?
L'idea, elegante ed efficace, è quella di prendere il testo originale e contaminarlo con un'istanza teatrale più vicina a noi. Questa istanza il regista, attore e autore Stefano Artissunch la trova felicemente nel Cabaret.
L'archeocabaret come lo introduce a inizio spettacolo, gli dà modo di rivolgersi direttamente al pubblico, commentando e anticipando parti dello spettacolo e i suoi personaggi. Il cabaret gli permette anche di impiegare due soli attori, Stefano Tosoni e Gian Paolo Valentini, bravissimi, in una moltitudine di ruoli diversi. Sono loro ad aprire lo spettacolo presentandosi con la giacca a coda del frac e un lungo tutù bianco interpretando ora le donne di Atene e del resto di Grecia, ora i soldati arrapati, il coro (e Stefano Tosoni ogni volta si precipita in scena tutto contento credendo sia giunto il momento di cantare). I tanti personaggi della commedia sono interpretati dai due attori con l'ausilio di fantocci di bellissima fattura (di Giuseppe Cordivani) dalle teste più sviluppate (con le facce in una smorfia di attonita meraviglia immortalando la reazione delle donne alla proposta di Lisistrata di fare lo sciopero del sesso) e del corpo filiforme che vengono manovrati ora nella loro interezza ora estraendo dal corpo solo la testa dai due attori che prestano loro la voce lasciando a Iaia Forte unica donna in scena il ruolo di Lisistrata, su di un paco multilivello popolato dai quattro attori in maniera così energica da sembrae molti di più.
Il sogno di Lisistrata è uno spettacolo nel quale il teatro non è solamente di parola ma nel quale l'attore recita col corpo (tra capitomboli, balli e manipolazione di oggetti) un teatro artigianale dove l'aggettivo non vuole sminuire la professionalità ma sottolineare al contrario la costruzione di scene costumi pupazzi pensate non solo come elemento esornativo dello spettacolo ma come elemento centrale della messinscena.
Uno spettacolo ricco di musiche a cominciare da quelle di Cabaret, il film di Bob Fosse del 1971 firmate da John Kander, che hanno una loro precisa ragione d'essere introducendo non solo lo stile della messinscena ma proprio il contesto performativo-narrativo, l'Archeocabaret al quale il presentatore (Artissunch stesso) dà il benvenuto agli spettatori a inizio spettacolo. Artissuch è uno straordinario padrone di casa presnettaroe di Cabaret che dirige gli attori sul palco, commenta scene e personaggin e si diverte a interpretare un colonnello ateniese che commenta gesticolando ogni sua battuta (irresistibilmente comico).
La guerra che fa da sfondo (letteralmente) alla Lisistrata di Aristofane qui raggiunge direttamente il palcoscenico ed è sia quella greca fatta con scudo e spada sia quella moderna fatta con fucili e cannoni (in una bellissima pantomima che chiude il primo atto, quando Lisistrata si lamenta che le donne partoriscono figli che poi vanno alla guerra). E da qui nasce il riferimento inevitabile a Kurt Weill-Brecht in una rivisitazione precise nel testo (riscritto) e nella metrica di Die Moritat von Mackie Messer dalla commedia satirica L'Opera da tre soldi fino all'omaggio nel finale ai caduti della Patria quando, dopo la vittoria di Lisistrata e l'inno alla pace (fatto da Iaia Forte declamando versi in rima su un ritmo battuto dal suo stesso piede) i fantocci delle donne greche si trasformano in altrettante croci mentre sentiamo leggere il testo di alcune lettere di soldati morenti mandati alle famiglie.
Uno spettacolo di magnifica fattura che intrattiene, diverte, fa riflettere e commuove. Uno spettacolo da vedere e rivedere, da premiare in tutti i modi possibili a cominciare da un'assidua presenza in platea dove, per poco più di un'ora, si è portati a credere che il mondo, se produce dei gioielli d'Arte come questo, non è poi quel posto brutto che sembra essere.
Prosa
IL SOGNO DI LISISTRATA
Uno spettacolo di magnifica fattura
Visto il
12-04-2011
al
Garbatella
di Roma
(RM)