Cervantes è universalmente ricordato per il romanzo “Don Chisciotte della Mancia”, di conseguenza lo spettacolo “Il teatrino delle meraviglie” è un’occasione più unica che rara per poter apprezzare le qualità dello scrittore spagnolo nelle vesti di commediografo.
Il testo nasce come uno degli intermezzi all’interno di “Otto commedie e otto intermezzi”, ciò nonostante è un’opera completa, che può essere portata in scena senza temere di non riuscire a rappresentarne la vera essenza.
Il teatrino delle meraviglie è un esempio di puro surrealismo: le meraviglie che in esso dovrebbero essere mostrate non possono essere viste da ebrei o figli illegittimi e quindi i piccoli borghesi che vogliono essere considerati persone per bene devono per forza fingere di vedere anche quello che non esiste. Di conseguenza, per mantenere intatta la propria reputazione, i personaggi vedono quello che non c’è e non vedono quello che c’è. Così le situazioni diventano sempre più paradossali, perché le meraviglie di cui parla il titolo sono in realtà illusioni e chimere che si susseguono in un climax ascendente. La degna conclusione di queste fantasie è una visione reale, scambiata anch’essa per una fantasia prodotta dal fantomatico teatrino.
La farsa portata in scena ha un epilogo che oscilla tra il drammatico e il moralista, il cui scopo è spronare lo spettatore a non compiere gli errori che ha visto rappresentati in scena e, una volta uscito da teatro, non farsi ingannare dalla quotidiana spirale di convenzioni sociali e dal facile razzismo di cui si è spesso vittime e carnefici inconsapevoli.
Lo spettacolo contiene già una avvisaglia di quello che molti anni dopo sarebbe diventato il teatro dell’assurdo, oltre ad essere un quadro popolaresco ben riuscito.
Inoltre si può definirlo un testo d’avanguardia se si considera che fu scritto nel 1615 e anticipa i problemi di identità etnica e appartenenza sociale che avrebbero sconvolto l’Europa nel Ventesimo secolo.
La brevità del copione e di conseguenza dello spettacolo portato in scena non sono casuali, anzi ne amplificano l’intensità e la riflessione finale.
La riscoperta del Cervantes drammaturgo è dunque una piacevole sorpresa: riesce a coinvolgere attori e spettatori in un mutuo scambio di emozioni e vite vissute.
La compagnia è composta da attori giovani, padroni della scena, che grazie ad una un’ottima preparazione scenica riescono a trasmettere l’energia allo spettatore, usando la fisicità e il linguaggio diretto.
La regia, curata Andrea Dalla Zanna, è convincente, nonostante la location provvisoria dello storico teatro milanese ne penalizzi parzialmente la realizzazione completa.
Milano Teatro Franco Parenti, 29 maggio 2007
Visto il
al
Franco Parenti - Sala Grande
di Milano
(MI)