Debutto nazionale al Teatro Gobetti di Torino per una coproduzione tra due Teatri Nazionali (Stabile di Torino e Stabile del Veneto), insieme con Zachar Produzioni, che sancisce la rinnovata collaborazione tra il regista Marco Tullio Giordana e l’attrice Michela Cescon.
Il testamento di Maria è un romanzo breve dello scrittore, drammaturgo e critico letterario irlandese Colm Tóibín, nel quale l’io narrante è Maria, la madre di Gesù (nel testo mai chiamato per nome, ma indicato solamente come Lui), che parla dei giorni della predicazione alle folle e di alcuni miracoli come la risurrezione di Lazzaro o l’acqua tramutata in vino alle nozze di Cana (primo atto), fino alla Passione, con la crocifissione e la morte (secondo atto).
La riflessione avviene quando Maria è ormai al termine della propria esistenza, in esilio a Efeso, dove a farle da “custodi” sono evocate le figure di Giovanni, evangelista e apostolo, e Paolo di Tarso (colui che la tradizione cristiana ricorda come “l’apostolo delle genti”, n.d.r.).
Maria si rifiuta di consegnare i propri ricordi alla tradizione, che ritiene creata artificiosamente, attraverso la scrittura. Vuole essere una testimone attendibile esclusivamente di ciò che ha vissuto, a partire dalla nascita di questo Figlio, del quale non accetta il destino, e arriva a sostenere che tutto quel dolore è servito a nulla è non ha salvato nessuno.
Una Maria sicuramente diversa da come viene tramandata dalla tradizione delle scritture, un personaggio quasi pasoliniano, che vive un rapporto contrastato con i discepoli di suo Figlio, da lei considerati “disadattati”, “uomini che sono invecchiati troppo presto”. Alla fine del primo atto, afferma con vigore di essere “la Madre, non una sua seguace”.
Una donna che, con un proprio linguaggio, si interroga sul dolore e sulla sua necessità, vivendolo, lei stessa, attraverso quel Figlio messo in croce.
La scenografia di Gianni Carluccio (che cura anche luci e costumi) segue anch’essa una suggestione pasoliniana: il pranzo di matrimonio di Mamma Roma (1962). Una stanza bianca, priva di decorazioni, con un tavolo – appoggiato su cavalletti – e qualche sedia. La luce fa tutto il resto: sottolinea le “svolte drammaturgiche” e i cambiamenti degli stati d’animo.
Il lavoro di adattamento compiuto dal regista Giordana con Marco Parisse tende a esaltare la natura intrinseca di monologo del romanzo breve di Tóibín; c’è da dire, però, che l’interpretazione di Michela Cescon, per quanto appropriata e aderente alla visione dell’autore del testo, mostra evidenti limiti proprio quando deve dare voce ad altri personaggi solo evocati drammaturgicamente.
Inoltre, da parte dell’attrice, l’intenzione di emozionare, ricorrendo a una diversificata gamma di registri emotivi e linguistici, non manca, ma molto spesso non raggiunge l’efficacia sperata.
Prosa
IL TESTAMENTO DI MARIA
Il testamento (quasi pasoliniano) di una Madre
Visto il
17-11-2015
al
Gobetti
di Torino
(TO)