E' un prezioso scrigno di bellezza, il Teatro Magnani di Fidenza. Il Festival Verdi 2022, proseguendo nel suo indirizzo di decentramento, vi ha portato una fra le opere di Verdi più amate, Il trovatore. Però non è un teatro di grandi dimensioni – esempio tipico di piccolo teatro di provincia, come quelli delle vicine Busseto e Fiorenzuola – circostanza che impone particolari prescrizioni e qualche sacrificio.
La buca, intanto, si presenta alquanto angusta, motivo per cui la Filarmonica Toscanini si presenta a ranghi ridotti: fatti salvi i fiati, nella ridotta sezione d'archi scorgiamo solo un cello ed un contrabbasso. Risultato finale, una sonorità complessiva esile, sicuramente meno impattante di quella cui siamo abituati. Mettiamoci la concertazione routiniera, unidirezionale, non molto ricca di colori, a tratti persino metronomica di Sebastiano Rolli, ed il risultato complessivo non si può definire proprio esaltante.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
A tu per tu col pubblico
I cantanti poi agiscono a un passo dal pubblico, gli errori non si nascondono, per cui tutti devono saper calibrare il volume e proiettare bene la voce. Più facile a dirsi che a farsi, in verità. Ma alla terza recita paiono più a loro agio. Aggiungi infine che si trovano ad agire su di un palcoscenico ridotto – già il coro, anche se non ampio, lo riempie da solo - che non concede grandi movimenti. Però, in fondo, è piacevole averli così vicini, per una volta vederli a portata di mano.
Lo scenografo Marco Rossi porta sul tavolato tre scalee lignee messe ora qua, ora là, più qualche ornamento, quale una caduta di fiori, e rari oggetti di servizio. La scena non cambia mai di registro, sempre cupa ed opprimente - le gelide luci di Gianni Pollini la restringono ancor più - e la regia di Elisabetta Courir, nel prender atto dello spazio limitato, cura a fondo l'espressività degli interpreti ed impone all'opera una cadenza serrata, incalzante. Ma lascia che a muoversi di più sia un gruppo di mimi, che talora doppiano i protagonisti.
Onnipresente ad esempio una Leonora esile ed esangue: è lei che Manrico abbraccia morente, mentre la Leonora vera canta discosta, rivolta al Cielo. L'effetto scenico è ripetitivo, ed alla fine annoia; ma è un po' tutta la drammaturgia di questo spettacolo – ripresa in scala ridotta di un precedente allestimento del Teatro Regio - che sembra vacillare. Anche perché i sommari costumi di Marta del Fabbro, salvo qualche eccezione, sono di una bruttezza terrificante; e le coreografie di Michele Merola stentano a decollare in uno spazio sacrificato.
Manca un po' il protagonista
Manrico è Angelo Villari: voce ampia e dal colore rilucente, disinvolta nel fraseggio e facile agli acuti; ma allo stesso tempo povera di vibrazioni interiori e d'espressività. Diciamo che sentiamo un Trovatore vocalmente generoso, ma psicologicamente arido. In ossequio alla filologia più spinta, poi, niente do di petto. Va bene anche così. Alla prima, quale Leonora era intervenuta Anna Pirozzi. Caduta Silvia Dalla Benetta - chiamata alle repliche - vittima di un'indisposizione perdurante, la sostituisce il soprano croato/kossovaro Marigona Qerkezi.
Il ruolo le ha portato fortuna nella tournée di OperaLombardia, l'anno scorso: incontriamo anche noi questo interessante profilo di soprano lirico puro, che s'invola con facilità al registro alto e padroneggia bene i gravi, pieni e corposi; e che mette in campo un suono vigoroso, vellutato e suadente, sostenuto da una robusta preparazione tecnica. Il pubblico di Fidenza la incorona regina della serata, donandole ripetute e prodighe ovazioni.
A mettersi di mezzo fra i due amanti c'è il Conte di Luna, si sa. Che qui è il giovane e promettente baritono polacco Simon Mechliński. Altra bella rivelazione per gli aficionados del Cigno di Busseto: interprete del pari esordiente al Festival Verdi, lo vediamo anch'esso calorosamente applaudito. Ed a ragione: sa tenere bene la scena, possiede una voce molto gradevole, dalla gamma omogenea e generosa nell'emissione, carica di armonici e arricchita da belle tinte e sfumature. Se il talento s'affinerà ancor più, qualche piccola incertezza, qualche sbavatura spariranno certo col tempo.
Protagonisti, comprimari e coro
Rossana Rinaldi è un'Azucena poco incline ai ripiegamenti interiori, vocalmente di routine e poco tagliente. Non proprio memorabile è pure l'alterno Ferrando che propone Alessandro Della Morte, buttato giù alla bell'e meglio; gli altri comprimari sono Davide Tuscano (Ruiz /Messo), Ilaria Alida Quilico (Ines), Chuanqi Xu (un vecchio zingaro). Il Coro del Teatro Regio – c'era da dubitarne? - appare come sempre musicalissimo ed impeccabile, grazie ai suoi componenti ed a Martino Faggiani che li ammaestra con passione.