Nel 2013, per celebrare il bicentenario della nascita di Verdi, il Teatro São Carlos di Lisbona ha proposto l’intera sua trilogia romantica in un progetto volutamente unitario dal punto di vista visivo e che vedeva l’intervento globale di Francesco Esposito quale autore di regia, scene e costumi. E’ da quel trittico che proviene, seppure con qualche modifica, questo Trovatore: spettacolo di mezzo della Stagione Lirica Trevigiana, adattato ai minori spazi scenici del Teatro Comunale senza cambiarne il carattere di base, quello che attualizza la vicenda inventata dal drammaturgo spagnolo Gutiérrez in epoca più vicina a noi, inserendolo in un contesto che rammenta la Guerra civile spagnola negli anni '30-'40 del secolo scorso. Perché Esposito, con l’aiuto dei scenografi Carlo Guidetti e Ugenio Orlandi e le livide luci di Alessandro Pasqualini, ci rappresenta le milizie del Conte di Luna molto simili a quelle fasciste del generale Franco e gli zingari e i sodali d’Urgél come partigiani repubblicani coi loro bei fazzoletti rossi al collo (tanto che nell’edizione lusitana spiccava sul muro del loro accampamento la grande scritta «Libertad»). Si sprecano dunque tute mimetiche e anfibi, armi d’ogni genere che girano con frequenza ossessiva, non difettano né strattoni né violenze, accampamenti militari, camerate piene di soldati, suore ospedaliere e crocerossine alla consacrazione di Leonora: personaggi tutti messi ad interagire di fronte a due grandi blocchi girevoli che di volta in volta esprimono le diverse ambientazioni dei vari quadri. Spettacolo scenograficamente persuasivo, una volta accoltane la logica interiore; ma registicamente talora un po’ sopra le righe e con qualche caduta di gusto – Leonora contesa dai rivali che minaccia di spararsi alla tempia o il tenere di mira con i mitra spianati un’indifesa zingara – e che comunque nell’insieme risulta incisivo.
Musicalmente le cose viaggiavano su livelli diversi. La direzione orchestrale di Marco Boemi, sul podio dell’efficiente Filarmonia Veneta, esponeva una buona professionalità: indovinata la scelta delle tinte, marcatamente crepuscolari o lunari, vigoroso respiro narrativo, riflessione sull’arco dinamico, scelta di tempi adeguati; una concertazione che rivela grande attenzione e grande capacità d’intesa con il palcoscenico.
Mancava però a questo Trovatore il protagonista: il vociferante tenore brasiliano Richard Brauer consegnava infatti un canto brado, grezzo nella sua monotonia e privo d’ogni espressività, della ricerca del colore e di qualsiasi finezza. Sguaiato poi nei recitativi e con qualche ondeggiamento nell’intonazione. La giovane Monica Zanettin è stata al contrario una piacevole scoperta: la sua Leonora ha voce fresca ed interessante, omogena nella gamma e saggiamente modulata, si esprime con insinuante e seducente lirismo; scaturiscono così dalla sua interpretazione momenti assai intensi come nella grande scena del ‘Miserere’ che schiude la quarta parte del capolavoro verdiano. Nondimeno, si avverte che il suo talento è ancora un po’ acerbo, e bisognoso di quella giusta maturazione che arriverà col tempo. Marzio Giossi finisce col delineare un Conte di Luna sin troppo truce ed aggressivo, con eccessi di foga e un calcare sulle tinte che mortificano una vocalità più che ragguardevole e generosa che cattura subito il pubblico. Quanto a Elena Serra – che non credo si possa considerare un vero mezzosoprano, scarseggiando proprio nei suoni gravi – presentava una Azucena decorosa, espressivamente ben delineata e senza belluine vociferazioni, ma appunto lacunosa nello mole vocale. Il basso Francesco Palmieri ha voce imponente e profonda ma un po’ monotona nel colore e affetta da vibrato per il suo Ferrando; l’Ines di Lara Matteini è inqualificabile; passabile il Ruiz di Marco Gaspari. Corretta la prestazione del Coro Lirico Amadeus curato da Giovanni Dal Missier.