Prosa
IL VANGELO SECONDO PILATO

“Dubitare e credere sono la s…

“Dubitare e credere sono la s…
“Dubitare e credere sono la stessa cosa solo l’indifferenza è atea”, il Pilato che indaga sul “caso Gesù” ne è convinto. Il dubbio metodico, di stampo cartesiano, è la molla della fede. Il Vangelo Secondo Pilato, testo del drammaturgo e scrittore francese Eric-Emmanuel Schimit (autore anche di Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, da cui è stato tratto l’omonimo film con Omar Sharif) ne è permeato. Dubita persino Cristo il protagonista della vicenda insieme con Pilato. Cristo, nell'orto degli ulivi, si interroga sulla sua missione, sul suo destino, si chiede se sia giusto che debba essere proprio lui a dover compiere la volontà del padre. E decide a trentanni di predicare dopo una lunga meditazione, e anche in seguito è turbato da continui dubbi amletiani. La natura umana del Cristo prevale di gran lunga su quella divina, e la fede si misura con le scelte che ciascuno è chiamato a compiere in vita. La fine stessa del Cristo è frutto di una scelta, di una fase di smarrimento che si conclude con il sacrificio della Croce. E anche la figura di Giuda, il traditore viene riletta in una nuova luce, forse desunta dal Vangelo di Giuda. Alla morte e alla Resurrezione segue l’inchiesta giudiziaria del Prefetto romano, Ponzio Pilato. Per lui Cristo è uno stregone, un taumaturgo, ma, benché lo detesti perché gli ha sconvolto la vita con la sua presenza e soprattutto perché è riuscito a convincere anche sua moglie, alla fine non riesce a rimanere sordo alle sue idee, al suo messaggio rivoluzionario. La diffidenza, l’incredulità, lo scontro squisitamente filosofico tra Fede e Ragione, rappresentano il pilastro di questo dramma intenso, portato in scena da un grande del teatro italiano, Glauco Mauri. Mauri nei panni di Cristo si muove con eleganza all’interno di una scenografia scarna, ma evocativa dell’animo umano. Un antro oscuro in cui covano passione, sofferenza e titubanza. Ma dove appunto Cristo incontra se stesso e la sua fede. Il primo atto è occupato interamente dal suo flusso di coscienza, mentre alla riapertura del sipario, Cristo scompare e entra in scena Pilato con il suo scrivano. Roberto Sturno, Pilato, tiene bene la scena, e incarna in modo eccellente la figura del Prefetto desideroso di trovare una soluzione al “Caso Gesù”. Già il termine utilizzato da Pilato trasforma il Vangelo in una vera e propria inchiesta giudiziaria, una serie di domanda impensabili per un credente vengono poste da Pilato a sé stesso e in qualche modo agli spettatori. Il Vangelo secondo Pilato è un testo profondo, alto, che solo due grandi del teatro italiano potevano decidere di affrontare. Inoltre la natura del Cristo, e il senso delle fede sono tematiche quanto mai attuali nelle nostra epoca, con le quali credenti e non credenti sono chiamati a confrontarsi quotidianamente. Eccellente la recitazione, ottima la regia di Galuco Mauri, interprete, regista e curatore del testo.
Visto il
al Il Parioli Costanzo di Roma (RM)