“Il vantone”, in scena al Teatro della Cometa sino al 13 novembre, è la rilettura di Pier Paolo Pasolini del “Miles gloriosus” di Plauto che realizzò nel 1963 su richiesta di Vittorio Gassman; l’allestimento però all’epoca non andò in palcoscenico. La regia di Roberto Valerio (che vediamo anche in scena nel ruolo di Palestrione, vero protagonista della commedia) mantiene intatte tutte le suggestioni del testo plautino in versione pasoliniana. Unisce vari linguaggi e poetiche e così fonde l’ironia di Plauto con le borgate romane e l’avanspettacolo.
Il soggetto proposto, i nomi dei personaggi, le tematiche sono quelle del “Miles gloriusus”. Si vedono sulla scena il vanaglorioso Pirgolinice - noto per le sue millanterie, per i suoi racconti infondati di avventure vissute - il servo Palestrione, che furbamente architetta stratagemmi per liberare la fanciulla Filocomasio, sposa del suo padrone. E poi ci sono anche Pleusicle; il giovane amante di Filocomasio, Periplecomeno, il vecchio vicino di casa di Pirgopolinice e infine le meretrici Acroteleuzio e Milfidippa. I personaggi si muovono nella cornice degradata della borgata romana; risalta la fatiscente baracca - unico elemento scenografico presente sul palco - che ricorda la baraccopoli ricostruita nel film pasoliniano “Accattone”.
Nella commedia si susseguono scambi di persone, travestimenti, ricorre il doppio (Palestrione convince il servo Sceledro che Filocomasio abbia una sorella gemella) tutti motivi cari al commediografo Plauto.
“Il vantone” è anche – e il presente allestimento lo pone ben in risalto - una riflessione amara sui significati dell'esistenza umana, sulla lotta tra signori e servi, sul rapporto tra la vita e la morte; nel "Miles gloriosus" di Pasolini il padrone è un guappo di borgata.
Non a caso irrompe nel silenzio della messa in scena anche il bellissimo brano "Che cosa sono le nuvole” cantato da Domenico Modugno; fu colonna sonora dell’omonimo film del 1967 diretto proprio da Pasolini, che fu anche l’autore del testo. A proposito di musica, l’arrivo di Acroteleuzio è proposto come quello di Wanda Osiris con lustrini e pailettes… in un contrasto stridente tra il degrado della povertà ed i luccichii da vamp.
C’è stato un lavoro di Pasolini anche sulla lingua che non è più il latino, ma il romanesco plebeo. Roma, come era nelle opere di Plauto e in quelle di Pasolini, è lo sfondo della pièce. E gli attori con il loro romanesco tanto colorito quanto musicale (spesso recitano dialoghi in rima) lo rammentano al pubblico.
Davvero un cast ricco di valenti attori, alcuni dei quali recitano anche doppio se non triplo ruolo. Si pensi a Luca Giordana che riveste i panni di Artrotrogo, Pleusicle e Carione, a Massimo Grigò che interpreta sia il ruolo maschile di Sceledro che quello femminile di Acroteleuzio e ancora Roberta Mattei che è Filocomasio, contemporaneamente la presunta gemella e la ciociara Milfidippa. La compagnia è completata da Nicola Rignanese (Pirgopolinice), Dario Mazzoli (Periplecomeno), Ilario Crudetti (Lorario) e infine da Roberto Valerio. Quest’ultimo, tra l’altro protagonista anche di scene metateatrali, è la vera anima dello spettacolo. Suscita ilarità, risate con le sue movenze, i suoi atteggiamenti che spesso sembrano ispirarsi alla comicità di Ettore Petrolini e di Gigi Proietti (e va sottolineato quanto Valerio assomigli all’interprete di Meo Patacca da giovane anche nei tratti somatici).
Insomma, “Il Vantone” con la regia di Roberto Valerio, è un’ interessante, pregevole e coinvolgente messa in scena che ha davvero tanti piani di lettura e richiami alla Roma verace e popolare. Da Plauto, a Pasolini, Petrolini, Proietti.