Il Vantone, produzione Teatridithalia/ Associazione Teatrale Pistoiese che porta la regia di Roberto Valerio, intepretata dallo stesso Valerio, in scena con Francesco Feletti, Massimo Grigò, Roberta Mattei, Michele Nani, e Nicola Rignanese, è la storia di un bullo di quartiere (Rignanese) che Pasolini riprende del Miles Gloriosus di Plauto. Pirgopolinice, millantatore che ama vantarsi di doti amatorie e di fascinazione, di bravate senza fondamento, viene nella trama della commedia punito da una macchinazione ordita dal suo servo furbo Palestrione (Valerio) che, alleato con altri personaggi, permette alla ragazza che il “vantone” ha di fatto rapito e fatto sua schiava, di ricongiungersi con il suo amato padrone.
Non una semplice traduzione ma un affresco non naif su una Roma popolare che è rivissuta nel gergo e nei gerghi come da qualche tempo si lavora a fare a teatro. Un altro esempio potrebbe essere il Ploutos di Ricci/Forte per la regia di Massimo Popolizio recentemente in scena proprio nella capitale.
Da maschere del teatro romano a macchiette dell’universo romanesco fino a divenire filtri di un microcosmo descrittivo ed emblematico, a tratti finanche astratto e da art brut se si ha riguardo alla semplice ma elegante scena di Giorgio Gori e alle luci acide che variano fra il viola e il verde di Emiliano Pona.
Una ridda di lingue nella lingua che è di derivazione pasoliniana anche se non proprio quella dei film del grande regista, in cui la parlata era quasi italianizzata per renderla accessibile.
E’ piuttosto un gergo assunto nelle sue declinazioni artistiche, di cui Valerio è interprete con fare mimico che ricorda a volte il Meo Patacca e alcuni altri personaggi di Proietti o Manfredi, a volte il lavoro sui guitti di Pasolini, mischiando il tutto alla musica che è altro momento di sintesi ma anche astratto e sintetico, di straniamento scenico.
La storia è di assoluto divertimento, diverte un po’ tutto, dal modo in cui vengono gestite nel poco della scena le trovate e le situazioni, fino agli ammiccamenti e al modo in cui le voci da fuori diventano voci di dentro.
La lezione che Pirgopolinice alla fine riceve risulta finanche eccessiva e spinge poi ad interrogarsi su chi siano le vere vittime.
Abbiamo riso di gusto e trovato il lavoro ben riuscito. Forse a tratti un eccesso dicitazione mimica verso i maestri della scuola romana, ma fa ambientazione. Un’ora e venti di spettacolo senza intervallo che fila via con un sapore tutto suo, quell’odore che si può ancora respirare in qualche stradina della vecchia Trastevere, o forse non più, essendosi spostasta in periferia, la stessa ricordata nella canzone popolare con cui lo spettacolo si apre: “a Reggina Celi ce sta 'no scalino chi nun salisce quelo nun è romano”
Lo spettacolo è in prima nazionale al Teatro Leonardo fino al 15/3.
Milano 8/3/2009
Visto il
al
Comunale Giotto
di Vicchio
(FI)