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IL VIAGGIO A BUENOS AIRES

IL VIAGGIO A BUENOS AIRES: Work In Regress

IL VIAGGIO A BUENOS AIRES: Work In Regress
Dramma e poesia a braccetto nel monologo “Il viaggio a Buenos Aires: work in regress”, che disegna, con tratti di vivissimo realismo la progressiva ed ineluttabile perdita di memoria di una donna, Walerka, segnata da un male tanto oscuro (sia esso demenza o Alzheimer non viene specificato e non ha, di fatto, importanza) quanto devastante e senza ritorno. Identità e coscienza vacillano, le dimensioni spazio-temporali vanno via via confondendosi, rendendo impossibile qualunque autonomia decisionale: il reiterato richiamo ai tre figli (i cui nomi sono ancora vividi perché legati alla memoria antica) è un modo estremo per puntellarsi alla realtà, che si frammenta in mille rivoli, in oggetti e parole disintegrate, come parti di un puzzle impossibile da ricomporre. La donna avverte l’inesorabile trasformazione, ne è consapevole e terrorizzata, la respinge con tutte le forze, attribuendo la propria situazione ora alla poca attenzione dei congiunti (“stavo tanto bene in Canada, qui mi tolgono anche la pensione….ma io me ne vado a Buenos Aires da mia sorella”), ora alle medicine o al cambiamento di città. Walerka, in un estremo tentativo di ancorarsi al mondo invoca l’aiuto della sorella, che l’accolga laggiù in Argentina, dove vive, ma l’ultima invocazione sarà alla morte, che la porti via perché la sua non è più vita. Emotivamente molto coinvolgente (chi di noi non ha avuto una nonna, parente o conoscente con problemi di memoria?), lo spettacolo, che ha ottenuto ottimi riscontri di pubblico e critica in tutta Europa, è costruito su uno dei testi più interessanti delle autrici polacche Gabriela e Monika Muskala, due versatili sorelle - esperte in traduzioni di opere della letteratura tedesca - che scrivono con lo pseudonimo di Amanita Muskaria. Gabriela ha personalmente interpretato il ruolo di Walerka al debutto dello spettacolo, nel 2001, presso lo Jaracz Theatre di Łódź. Qui la protagonista è l’attrice Francesca Bianco, che da anni collabora con il Teatro Belli e con le sue produzioni, bravissima a calarsi, con sottigliezza di sfumature, grazia e vigore, nei panni di un personaggio (e di uno stato d’animo) non certo facile, capace di cogliere i tremiti psico-fisici, l’alternarsi di buio-luce, l’affanno della ricerca di sé e della propria storia di una donna che sente sfuggire la cosa più cara, i propri ricordi. Anche la regia, di Carlo Emilio Lerici, concorre ad acuire il senso di soffocamento e di reclusione di chi si sente prigioniero perchè non più libero di esprimersi e di muoversi. La traduzione del bel testo è stata curata da Francesco Groggia, le musiche che accompagnano degnamente l’evoluzione del “male” sono di Francesco Verdinelli.
Visto il 15-11-2009
al Belli di Roma (RM)