Prosa
DIARIO PERPLESSO DI UN INCERTO

Incendi in laboratorio

Incendi in laboratorio
Una drammaturgia che si ponga in modo critico ed attento in relazione alla storia in cui si muove è, indubbiamente, la drammaturgia più viva ed attuale che si possa immaginare e, d'altro canto, gli occhi giganti che ci fissano dallo schermo-finestra che si erge al centro della scena, sono il segno evidente di questa coerente propensione a fare dell'esperienza teatrale un luogo di discussione attivo ed organizzato, felicemente in linea con un'apprezzabile e civile militanza di chi detiene i giusti strumenti atti a informare, ricordare e creare resistenza. Dunque, essendo questo l'assunto di base dell'operazione drammaturgica di Federico Bellini (autore dell'adattamento) e di Agnese Cornelio (regista), "Incendi" si propone nettamente sotto i migliori auspici, facendo della memoria, dell'esilio e della guerra i cardini portanti su cui far muovere le assi, eppure, nonostante la forza dirompente dell'argomento trattato, cioè i percorsi di vissuto personale e collettivo all'interno del conflitto sanguinario tra profughi e miliziani in un Libano devastato dalla guerra, la messinscena risulta nel complesso fredda e depotenziata, in grado di neutralizzare, suo malgrado, il potenziale impatto del messaggio, la bruciante intensità della testimonianza. Gli interpreti, tutti verificabilmente bravi, sembrano quasi imbrigliati in una gabbia registica incongruentemente laboratoriale, una gabbia in cui sopravvive, del training di laboratorio, l'aspetto più infelice e stereotipato, ossia una ripetitiva e reiterata dinamica relazionale tra spazi e personaggi, mentre si perde la forza e l'energia della testimonianza, la vocazione a far breccia in chi osserva ed ascolta, insomma il senso stesso di un testo di denuncia.
Visto il 20-10-2010