Debutto nazionale per “Inferno” di Romeo Castellucci e Societas Raffaello Sanzio. Un’anteprima, andata in scena nella splendida cornice del Teatro Comunale di Modena, che ha trasmesso emozioni forti e, allo stesso tempo, contraddittorie. Una profonda e personalissima interiorità ha attraversato tutta la rappresentazione, destinando ogni singolo gesto e immagine alla libera interpretazione, non solo dello spettatore, ma anche dell’attore stesso.
Il Primo Canto della Divina Commedia dantesca è stato prima distrutto e poi ricostruito, in un modo spesso incomprensibile e lontano da ogni tipo di aspettativa. Una costruzione che, solo a tratti, è riuscita nella lettura di un mito in chiave propositiva e moderna.
Il palco, preda di continue e spesso inefficaci trasformazioni, è la selva oscura che inghiotte le anime in pena e conserva le loro paure e la loro solitudine. La nostalgia per la bellezza della vita terrena e per gli affetti è un tormento dal quale i dannati non potranno mai liberarsi. L’oscurità li avvolge e li disorienta, costringendoli a vagare in eterno nel caos della propria condizione. Sono i violenti, i traditori, gli indecisi, gli incontinenti. Non c’è scampo per loro, non c’è salvezza. Solo azioni meccaniche e ripetute ossessivamente, movimenti confusi e disperati che si alternano ad una paralisi totale. I non-corpi si attorcigliano su stessi, consapevoli di essere completamente abbandonati. Il dolore si tocca con mano. Il pubblico in sala lo percepisce. Le forti grida e i suoni distorti descrivono meglio delle parole la sofferenza delle persone in balia delle tenebre e dei propri fantasmi. Il buio invade ogni cosa, l’inquietudine è guida di ogni gesto.
Dio è terribilmente lontano e inafferrabile.
Pochi gli elementi che hanno davvero dato senso e credibilità a questa “commedia infernale”: grandi teli neri che si gonfiano come a voler personificare la bufera maligna che divora le anime dei lussuriosi; cani rabbiosi che divorano il suicida; anime, in fila, condannate a raggiungere la cima di un precipizio e a gettarsi ripetutamente nel vuoto. Nulla più.
Da apprezzare lo sforzo continuo di Castellucci nell’andare oltre, fuori dalle righe (soprattutto nella parte finale dello spettacolo) e di staccarsi dalla consuetudine della rappresentazione e del racconto teatrale. Un approccio più unico che raro nel panorama contemporaneo ma che in “Inferno” è risultato inefficace e difficile da comprendere.
Modena, Teatro Comunale “Luciano Pavarotti”, 16 ottobre 2008.
Visto il
al
Comunale Luciano Pavarotti
di Modena
(MO)