Sul palco quasi vuoto entrano le persone. Due di loro sono i musicisti: il percussionista Fabio Finocchio ed il chitarrista Giulio Barroccieri. Il loro ruolo è accompagnare Davide Enia e fare il suo monologo più ricco, sottolineando le sue parole. E sono veramente bravi.
Enia racconta la storia della partita di calcio Italia-Brasile dell’ 82 durante il Mundial spagnolo. Torna con la memoria a quel giorno quando quando all’età di otto anni guardava questa partita sullo schermo della loro primo tv a colori insieme con tutta la sua famiglia nel tinello.
Ci fa sapere come si comportavano gli spettatori a casa sua, come si vestiva suo padre (nelle stesse cose, non mai lavate, per tutte le partite della squadra nazionale) o cosa faceva madre (accarezzava quasi tutto il tempo la testa di piccolo Enio). In questa rappresentazione come nello specchio si può trovare una grande passione degli Italiani per calcio. Un vero affetto dai piccoli ai grandi. Quella parte dello spettacolo è piena di umore.
Enia mischia i fatti del campo con questi della propria casa. Quando parla dei giocatori e delle azioni diventa quasi un commentatore sportivo: chi ha fatto gol? come lo ha fatto? in quale minuto? Lo fa nel modo molto divertente usando i vari tipi della voce, cambiando la sua mimica, il movimento del suo corpo, scambiando anche l’italiano con il siciliano. Ma a parte dei momenti piacevoli riesce portare agli spettatori le digressioni serie e tristi.
Parte dalla storia di un grande giocatore brasiliano Gerrincha che è morto in solitudine, povero e dimenticato da tutti. Molto toccante è anche il racconto di Tusevich e la squadra di Dinamo Kiev i quali giocatori sono stati uccisi nell’ 42 dai nazisti dopo una partita vinta con i tedeschi. Una storia molto drammatica. Enia ci fa vedere che nella storia di calcio si trovano i punti chiari e scuri ma sempre c’è la grande passione e l’amore della gente per questa disciplina sportiva.