S'era già vista mesi fa a Pisa e Rovigo, questa Italiana in Algeri di Rossini ideata dal tandem Stefano Vizioli/Ugo Nespolo. Ma al Teatro Verdi di Trieste le cose cambiano un po': sulla scena c'è una protagonista dai connotati di vera primattrice, ed attorno una compagnia ideale per stile, affiatamento ed autorevolezza. Con un direttore giovane ma molto, molto in gamba.
Scopriamo il cast
Cominciamo da Chiara Amarù, mezzosoprano dal timbro brunito e morbido, capace di una grande varietà di colori e di espressioni e ben consapevole su come affrontare monsù Rossini. Eccola dunque affrontare di petto, senza timidezze e con disinvolta nonchalance, le tantissime agilità, risolte con morbidezza di fraseggio ed ottimo controllo dei fiati; e servire sulla scena una Isabella pepata, maliziosa, combattiva. Lindoro ci sta tutto, nella limpida voce di Antonino Siragusa, interprete sicuro in una tessitura prevalentemente acuta, incisivo nei passaggi di bravura, tenero ed espressivo nelle arcate cantabili.
Difficile pensare un Mustafà più cialtrone, simpatico e travolgente di quello che ci ammannisce Nicola Ulivieri; un Mustafà per di più cantato con gusto e sobria eleganza, senza lazzi e cachinni, diciamo un Mozart in salsa rossiniana. Anche lo spiritoso Taddeo abbozzato da Nicolò Ceriani, vocalmente irreprensibile, resta nel segno della misura: è vero personaggio, non una caricatura. Spiritosa e sbarazzina l'Elvira di Giulia Della Peruta; buona la Zulma di Silvia Pasini; qualche asprezza vocale – ma sulla scena, una buona recitazione – nell'Haly di Shi Zong. Buona prova del Coro preparato da Francesca Tosi.
George Petrou muove dal barocco - tanto Händel nel suo carnet - inoltrandosi man mano verso l'Ottocento, e in particolare verso Rossini: dopo Cenerentola, Semiramide, Gazza ladra, ora tocca a L'italiana in Algeri. Si avverte subito, sin dalla cristallina Sinfonia, una visione pulsante e vitale, e la convinta adesione allo stile rossiniano; e poi si scopre avanzando la ricchezza di colori e di dinamiche, che infiamma la trama strumentale senza mai debordare, e la grande empatia con l'orchestra del Verdi e con gli interpreti, seguiti e indirizzati con energia e levità. A parole e nei fatti, il giovane direttore greco – che ha condotto con disinvoltura in t-shirt nera - intravede nel Pesarese un ultimo erede dello Sturm und Drang. E noi siamo d'accordo con lui.
Regia e scene all'insegna della vivacità
E' uno spettacolo che seduce lo spettatore con la sua vivacità e con la sua freschezza, del quale Ugo Nespolo firma scenografie e costumi, una cascata di fantasia e di colori. Invenzioni piacevolissime, che spazzano via certo ciarpame del passato, e innovano senza scandalizzare nessuno. La regia di Stefano Vizioli è all'insegna di un humour garbato e leggero, assecondando con mano leggera e gags intelligenti il ritmo indiavolato della piéce rossiniana. Ci si diverte parecchio – il pubblico lo sente, applaude tanto e poi ringrazia – senza mai calare di ritmo né cadere nel triviale. Una vera delizia.
Spettacolo: L’italiana in Algeri
Visto al Teatro Verdi di Trieste.