Sintetizzare nello spazio di poco più di due ore un romanzo complesso come quello di Dostoevskij, una vera pietra miliare della letteratura, e in senso più lato del pensiero moderno, non è opera semplice: la scelta di César Brie è stata quella di puntare sulla pluralità delle voci, sull’aspetto polifonico che già nel romanzo è caratteristica saliente.
Fin dall’inizio gli attori sono tutti presenti in scena disposti in fila, uguali fra loro; le vicende dei personaggi si dipanano in un continuum che non segue un procedimento lineare, bensì punta a descrivere i vari aspetti della natura umana evidenziando sentimenti e passioni. Emergono pian piano direttamente dalle azioni dei protagonisti l’istintualità esuberante di Dimitrij, l’intellettualità lacerata dal dubbio di Ivan, la bontà naturale di Aleksej, il frustrante desiderio di rivalsa di Smerdjakov, l’edonismo egoistico di Fedor, il misticismo dello Starec Zosima. Poche immagini dunque a ricomporre il mosaico della storia di una famiglia, fra luci e ombre, creando un chiaroscuro che vede mescolarsi sulla scena il comico al tragico, il dramma all’aspetto grottesco della vita. Gli attori si muovono talvolta, sullo sfondo di una scena pressoché spoglia, alla maniera di burattini, fino a giungere al momento finale, quello nel quale si svolge il processo a Dimitrij, in cui essi recitano appesi a dei fili, proprio come vere e proprie marionette. La presenza sul palcoscenico di bambole a grandezza naturale funge da monito silenzioso, quasi a simboleggiare l’infanzia perduta e la sofferenza dei bambini che genera traumi insuperabili. Intrigante è la sperimentazione di un tentativo di variazione del punto di vista attraverso cui viene percepita e focalizzata l’azione la quale può essere osservata, oltre che in maniera tradizionale, anche dal basso verso l’alto oppure viceversa con gli attori posti ad esempio in posizione seduta, ma con le schiene appoggiate a terra.
Il limite evidente di una simile operazione risiede proprio nel suo esplicitarsi in maniera eccessivamente intellettuale così da non consentire a volte allo spettatore medio una chiara interpretazione dell’intreccio e provocando sensazioni di spaesamento, soprattutto in chi non conosce alla perfezione il romanzo, la sua trama e le sue implicazioni. Uno spettacolo di qualità dunque, ma certamente non di immediata e tranquilla fruibilità.