Lirica
KáT'A KABANOVá

Successo per “Kát’a Kabanová” al San Carlo di Napoli

Kát’a Kabanová
Kát’a Kabanová

La messinscena della seconda opera di Janáček proposta dal Teatro di San Carlo conquista il pubblico di Napoli grazie all’austera severità delle scene.

Proveniente dalla Staatsoper di Amburgo, la messinscena della seconda opera di Janáček proposta dal Teatro di San Carlo conquista il pubblico napoletano grazie all’austera severità delle scene, alla qualità del cast vocale e al rigore della direzione di Juraj Valčuha.

Come un volo di uccelli

«Perché gli uomini non possono volare?», si chiede Katěrina (Kát’a) dialogando con Varvara nel primo dei tre atti. Il volo, così naturale e lieve per gli uccelli, è metafora potente della sua aspirazione alla libertà. È insieme desiderio e spontaneità, indipendenza e rimpianto nostalgico. Ma è anche peccato, impulso colpevole che la grettezza della società, l’opprimente ipocrisia delle convenzioni e la rigidità dei legami familiari non possono in alcun modo tollerare. Tiranneggiata da una suocera arida e crudele ma soprattutto delusa da due uomini, il marito e l’amante, deboli e mediocri, Katěrina sarà costretta a trasformare quel volo nel salto suicida tra le acque del Volga, gesto estremo e necessario che suggella il suo destino di esclusione.


Proprio sull’immagine centrale ed eloquente del volo si cimenta l’inventiva di Wolfgang Gussmann, autore delle scene e dei costumi di questo allestimento teutonico-partenopeo. La dimensione claustrofobica nella quale la protagonista è costretta a vivere è suggerita ottimamente da un interno fisso, eppure mobilissimo, delimitato da semplici pareti inclinate. I pannelli di legno che le compongono, disposti verticalmente, scandiscono con ritmo implacabile i confini della gabbia incolore, attraversata da figure tutte in abito scuro, che però si apre per assecondare gli slanci fantastici e le fughe reali di Kát’a. È attraverso questi squarci che si intravedono talvolta le ali spiegate di un gabbiano, simbolo stilizzato di un’impossibile evasione. E si moltiplicano, quelle ali, nel cielo notturno dell’abbandono ai sensi; oppure si lasciano intrappolare entro la cornice di un quadro appeso alla parete come un’inutile implorazione, o si riducono a icona sbiadita su fragili manifesti calpestati dalla folla.

Willy Decker, che firma la regia, traspone nel gesto e nel movimento la spigolosa durezza della musica di Janáček, esalta il contrasto, esaspera la veemenza. Ma, con efficacissimo effetto, sa anche donare un linguaggio cinetico specifico alla protagonista, che nel corpo e attraverso il corpo rivendica la propria alterità. Kát’a, perciò, si spoglia, scatta, corre, si accascia e, naturalmente, vola con una fluidità che fa il paio con il generoso lirismo concessole in esclusiva dal compositore.


Ottima intesa tra interpreti e direttore

Pavla Vykopalová è perfetta nel ruolo di Katěrina proprio perché unisce alla voce potente, perfettamente intonata e ricca di inflessioni, una fisicità prorompente che si rivela fattore essenziale nella delineazione dell’arduo profilo muliebre. La disinvoltura e l’energia con le quali il soprano ceco si muove in scena traducono con straordinaria intensità le pulsioni del personaggio, che in tal modo è consegnato vivo e vero alla sensibilità dello spettatore.

La affiancano egregiamente i due protagonisti maschili, Misha Didyk nei panni del focoso Boris e Ludovit Ludha in quelli dell’esitante Tichon. Magistrale, inoltre, risulta l’interpretazione del personaggio di Marfa (Kabanicha) fornita da Gabriela Beňačková, che rende con coerenza ma senza eccessi caricaturali l’esacerbato egoismo e la cieca possessività della ricca vedova.


Impeccabile la prova di Juraj Valčuha, a proprio agio con il repertorio novecentesco e capace, in questa occasione, di fornire una lettura serrata e concentratissima della partitura di Janáček, della quale coglie e asseconda i picchi più aspri così come le tinte più appassionate. La complicità con gli interpreti fa il resto. La sala della prima, non gremita, apprezza e applaude con convinzione.

Visto il 15-12-2018
al San Carlo di Napoli (NA)