Il Teatro dell’Angelo di Roma ospita dal 7 al 19 Dicembre 2010 “Killer Joe”. Lo spettacolo di Tracy Letts, (vincitore del premio Pulitezer 2008 con “August Osage County”) è il primo dell’autore ad essere rappresentato in Italia e viene qui proposto nella traduzione e adattamento di Giampaolo G. Rugo
Il romano Francesco Montanari, attore diplomato presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico divenuto noto grazie alla sua partecipazione nel ruolo del Libanese, in Romanzo criminale - La serie, interpreta ora per il teatro proprio il poliziotto Giovanni/Joe. Ma se il suo nome è forse motivo della grande affluenza di un pubblico mosso dalla curiosità e dalla fiducia nei confronti dell’attore, Montanari non è certo il solo responsabile del successo di questa rappresentazione: Patrizia Ciabatta nel ruolo di Dorotea/Dorothy, Alessandro Marverti in quello del fratello Christian, Andrea Ricciardi nei panni del padre Anselmo e Chiara Claudi in quelli della seconda moglie Chantal, sostengono efficacemente le non facili parti della famiglia “disadattata” protagonista della commedia/thriller e risultano convincenti e coinvolgenti.
Il linguaggio utilizzato nella traduzione in italiano ricorre a inflessioni e terminologie dei romani di periferia; colmo di volgarità e in grado di palesare con immediatezza l’ignoranza dei protagonisti. Il regista ci mostra i personaggi per quello che sono anche tramite il ricorso alla nudità: quella ostentata di Chantal ad inizio spettacolo, quella timida di Dorothy e quella disinibita di Joe. Il degrado in cui vivono è enfatizzato dalla scenografia: le pareti dell’appartamento in cui vivono sono ricoperte di lamine ondulate, “decorate” con graffiti, le persiane sgangherate, mobili e televisore vecchissimi e mal ridotti, tutto a rimarcare il fatto che abbiamo di fronte dei disadattati, privi di punti fermi, morale, valori e scrupoli ma non per questo disumani o senza cuore: i sentimenti, infatti, pur nel paradosso e nell’apparente leggerezza con cui si affronta la vicenda, ottenuta ricorrendo spesso ad un inaspettato umorismo nero che spezza la tensione, emergono sotto forme inconsuete ed estreme.
Proprio questa famiglia allo sfascio, quindi, è capace di complicità nel portare avanti il perverso progetto di uccidere “la madre”, protagonista assente della storia, per intascare i soldi della sua assicurazione sulla vita che li solleverebbe almeno in parte dalla loro condizione. E riusciamo anche a percepire il forte affetto ed attaccamento di Christian per la sorella che scopriamo però, dalle confessioni di lei, non essere del tutto sano.
La coppia Anselmo-Chantal è quella che forse ci appare più vera e che meglio ricalca un certo stereotipo di coniugi (alle prese con avidità, infedeltà e vizi comuni); a Christian spettano i momenti più drammatici, trattati pur sempre ad uno strato non troppo profondo per non appesantire mai la performance; a Dorothy i momenti più teneri e commuoventi e al personaggio di Joe, il più paradossale e ricco di contrasti (ci appare ora spietato, ora spaccone, ora romantico, ora religioso), quelli di maggior comicità ma anche i più crudi. Questa amalgama perfetta ci permette di non annoiarci mai e sentirci partecipi delle vicende proposte; persino i lunghi silenzi generano suspense che mantiene viva l’attenzione.