Uno studio televisivo a conduzione familiare. Un paragone facile che non serve esplicitarlo. Una lotta per il potere davanti e dietro la telecamera.
Così Castaldo pensa il suo Re Lear, che non spartisce terreni, ma azioni finanziarie. Un vecchio magnate che ha acquistato tutto ed ora viene subclassato dalle figlie arrampicatrici e materialiste. Due volti della stessa medaglia: vecchiaia contro nuove generazioni, spettacolo con vita reale.
Nella società della finta informazione, dove tutto diventa spettacolo, anche un dramma shakesperiano muta alla mercè della contemporaneità e senza troppa fatica.
Un'analisi sociale, o un gioco divertente, che, nel parossismo di una messa in scena tra il grottesco e il comico, rimette in vita il dramma in forma attuale, ma rimanendo coerente con la trama.
La scelta registica, interessante, fa il verso ai peggio reality show e ai loro dibattiti surreali, ma nel contempo mette in luce anche problematiche più profonde: le vecchie classi dirigenti incapaci di lasciare il posto alle nuove generazioni, il cinismo dei media e il voyerismo degli spettatori su temi come la malattia mentale, il degrado sociale, la tossicodipendenza.
Bella l'interpretazione di Katia Capato (Cordelia), una Ugly Betty della situazione (occhiali nerd, atteggiamento impacciato, abiti fuori moda), divenuta anche il Matto, il giullare in grado, nella sua follia, di vedere la realtà per com'è davvero.
L’ultima chicca è la "normalità" della famiglia modello davanti alle telecamere, l’accecamento in diretta del padre per “fare audience”, l’umiliazione degli invitati, la schiavizzazione dei tecnici e l’organizzazione di un sequestro.
Nulla è come appare e nella domanda/morale finale c'è da chiedersi: è ancora possibile credere ai nostri occhi? Esiste ancora una realtà oltre lo schermo?
Torino, Cavallerizza Reale - 18 aprile 2008
Visto il
al
Matteotti
di Moncalieri
(TO)